Hanno già portato alle dimissioni del capo del partito e sembrano dare forza all’ipotesi dei sostenitori di Sanders sul favoritismo verso Clinton
Di seguito, un elenco delle scoperte più problematiche su Wasserman Schultz e il Partito Democratico.
1) La religione di Sanders
In alcune comunicazioni risalenti al 5 maggio, sembra che alcuni funzionari del Partito Democratico complottassero per sollevare la questione della fede di Sanders e spingere sul suo presunto ateismo, evidentemente nella speranza di indurre gli elettori religiosi in Kentucky e West Virginia a votare per Clinton. Sanders è ebreo ma in passato aveva detto di non essere religioso. In un’email del responsabile finanziario del Partito Democratico Brad Marshall si legge: «Forse non cambierà niente, ma in Kentucky e West Virginia potremmo trovare qualcuno che gli chieda del suo credo religioso, e se crede in un Dio. Ha glissato sulla questione continuando a dire che viene da una tradizione ebraica. Mi sembra di aver letto che sia ateo. Potrebbe fare una differenza di molti punti con la mia gente. Per la mia gente della Southern Baptist Convention ci sarebbe una grossa differenza tra un ebreo e un ateo». In un’email successiva Marshall scrive: «È questa cosa di Gesù». In risposta, la CEO del Partito Democratico Amy Dacey scrive: «Amen».
2) Wasserman Schultz ha dato del «Maledetto bugiardo» al principale collaboratore di Sanders…
Il 17 maggio, dopo una polemica sulla convention democratica nello stato del Nevada e sulla correttezza del suo svolgimento, Wasserman Schultz ha contestato il responsabile della campagna elettorale di Sanders Jeff Weaver, che aveva difeso i sostenitori di Sanders. «Maledetto bugiardo», ha scritto Wasserman Schultz. «La cosa più meschina è che riconosce a malapena i comportamenti violenti e minacciosi che ci sono stati».
3) … e ha detto che Sanders «non capisce» il partito
Le email su Weaver non sono state l’unica volta in cui Wasserman Schultz ha dato un’opinione schietta sulla campagna di Sanders: in un’email di fine Aprile, Wasserman Schultz aveva addirittura messo in dubbio la sintonia di Sanders con il Partito Democratico. «Ha parlato come uno che non è mai stato membro del Partito Democratico e che non capisce quello che facciamo», ha scritto Wasserman Schultz dopo la pubblicazione di un articolo di Politico in cui si sosteneva che il partito non fosse stato corretto nei confronti di Sanders.
Sanders non era membro del partito prima di partecipare alle primarie Democratiche. Nonostante si sia candidato con il Partito Democratico per molto tempo è stato indipendente. In quest’ottica, i commenti di Wasserman Schultz potrebbero essere letti semplicemente come una difesa del partito, che in fondo Sanders stava attaccando. Le sue parole, tuttavia, dimostrano anche una visione particolarmente negativa su Sanders, che Wasserman Schultz non ha sentito il bisogno di mascherare nelle sue conversazioni con altri dipendenti del Partito Democratico.
4) Un avvocato di Clinton ha suggerito al Partito Democratico come rispondere a Sanders
Quando l’organizzazione della campagna elettorale di Sanders ha accusato la campagna di Clinton di sfruttare in modo improprio il suo comitato di finanziamento congiunto con il Partito Democratico per ottenere dei vantaggi, l’avvocato della campagna elettorale di Clinton Marc Elias ha suggerito al partito come rispondere: «Il mio consiglio è che il Partito Democratico faccia uscire un comunicato in cui si dice che le accuse della campagna di Sanders non sono vere», ha scritto Elias il 3 maggio in risposta a un’email mandata dal direttore per le comunicazioni del Partito Democratico Luis Miranda ad altri dipendenti del partito, in cui Elias e un altro avvocato del suo studio, Perkins Coie, era in copia. Elias ha poi continuato: «Il punto è che la CNN sottolinea che non vi state mettendo in mezzo alla due campagne. In questo caso, Sanders sta attaccando il Partito Democratico, le sue pratiche attuali, e quelle passate con il presidente Obama e il segretario Kerry. Il Partito Repubblicano risponde direttamente a Trump per respingere le sue accuse sul “sistema truccato”, e anche il Partito Democratico dovrebbe rispondere DIRETTAMENTE a Sanders, dicendo che quello che sostiene è falso e danneggia il partito».
I suggerimenti di Elias forse non sono poi così sconvolgenti: in fondo, è l’avvocato di Clinton. Ma il fatto che consigliasse al Partito Democratico come rispondere farebbe pensare a un coordinamento tra il partito e la campagna elettorale di Clinton contro Sanders, in questo caso particolare.
5) Il fallimento della campagna di Sanders
Il 21 maggio, il segretario responsabile della stampa nazionale del Partito Democratico Mark Pautenbach ha suggerito di diffondere l’idea che Sanders «è sempre stato disorganizzato, e che la sua campagna è un casino». Dopo aver elencato diverse possibili tesi per sostenere questa versione, Paustenbach ha scritto: «Non è un complotto del Partito Democratico, è che sono sempre stati disorganizzati». Il consiglio di Paustenbach potrebbe essere visto come una difesa del partito piuttosto che come un invito a diffondere informazioni negative su Sanders, ma di fatto è un invito da parte del Partito Democratico a diffondere informazioni negative su uno dei suoi candidati.
6) Il dibattito in California
Una delle cose principali su cui Sanders e i suoi sostenitori si sono lamentati è stata la carenza di dibattiti. Il fatto che ce ne siano stati così pochi, secondo Sanders e i suoi, è stata una mossa pensata per aiutare Clinton a diminuire l’esposizione dei suoi avversari e quindi le loro possibilità di batterla. Dopo che la campagna di Sanders aveva presuntuosamente annunciato di aver raggiunto un accordo per lo svolgimento di un altro dibattito in California, la reazione di Miranda il 18 maggio è stata un semplice «lol». Come detto, il comunicato della campagna di Sanders è stato presuntuoso nel sostenere di aver trovato un accordo, e forse quella di Miranda è stata semplicemente una risposta alla mossa un po’ stupida della campagna di Sanders. Il dibattito non si è mai svolto, dal momento che gli organizzatori della campagna di Clinton hanno poi deciso di non partecipare.
7) La fine dei giochi
Molte delle email risalgono a un periodo in cui era già chiaro che Clinton avrebbe vinto le primarie Democratiche, il che rende l’apparente favoritismo nei suoi confronti forse meno offensivo (anche se i sostenitori di Sanders non la pensano sicuramente così). Tuttavia, è evidente come molti facessero il tifo affinché la gara si concludesse e Sanders gettasse la spugna, in modo che Clinton potesse essere nominata come la candidata designata del Partito Democratico. Ovviamente, il partito avrebbe dovuto rimanere neutrale, nonostante il divario di delegati per Sanders sembrasse incolmabile. Il primo maggio, in risposta all’ennesima dichiarazione in cui Sanders sosteneva di voler spingere per una contested convention – quelle a cui si arriva senza un chiaro vincitore delle primarie – Wasserman Schultz ha scritto: «Tanti saluti al tradizionale candidato in pectore”
8) I “Bernie bro”
Durante il corso della campagna elettorale il termine “Bernie Bro” è diventato una specie di sinonimo della peggior specie dei sostenitori di Sanders, quelli con cui non è possibile ragionare e che aggrediscono verbalmente gli avversari, a volte in modo molto sgradevole. Sembra che alcune persone all’interno del Partito Democratico abbiano usato il termine in riferimento a Mark Thompson, un conduttore radiofonico dell’emittente Sirius XM, considerato troppo di parte verso Sanders. «Che argomento di merda», ha scritto Miranda il 4 maggio dopo la richiesta di un’intervista sulle polemiche intorno ai finanziamenti di Clinton da parte del direttore del programma di Thompson, David Guggenheim. «Chi è Guggenheim? È un Bernie Bro?». «Dev’essere un Bernie Bro», ha risposto il responsabile delle trasmissioni televisive e radiofoniche del Partito Democratico, Pablo Manriquez. «Ho rifiutato in modo netto (ma educato) tramite il saggio di Mark, e gli ho chiesto se ci sono possibilità di parlare di qualcos’altro settimana prossima».
9) I finanziatori del Partito Democratico
Nonostante siano state quelle su Sanders ad attirare la maggior parte dell’attenzione, ci sono altre email interessanti che offrono uno sguardo da dietro le quinte su come i funzionari del Partito Democratico parlino dei grandi finanziatori del partito. In uno scambio del 16 maggio in cui si parla di dove far sedere un importante finanziatore della Florida, il direttore nazionale delle finanze del Partito Democratico Jordan Kaplan scrive: «Non si siede di fianco al presidente Obama!». «Bittel si siederà nell’angolo più merdoso che riesco a trovare», ha risposto la vice di Kaplan, Alexandra Shapiro, che definisce i donatori anche come «clown». Qui sotto alcune delle altre cose scritte da Kaplan e Shapiro sui finanziatori del partito, da un articolo dei giornalisti del Washington Post Karen Tumulty e Tom Hamburger:
Kaplan ha detto a Shapiro di far sedere il filantropo di New York Philip Munger in prima fila, spostando l’oftalmologo del Maryland Sreedhar Potarazu. Kaplan sottlinea che Munger è uno dei maggiori finanziatori di Organizing for America, una no-profit che sostiene le politiche di Obama. «Sarebbe carino che il Partito Democratico pensasse a lui», ha scritto Kaplan. Shapiro però si è opposta, evidenziando che Munger aveva donato solo 100.600 dollari al partito, mentre la famiglia Potarazu aveva contribuito con 332.250 dollari.
Nell’allegato a un’email di Erik Stowe, il direttore finanziario del Partito Democratico per il North Carolina, a Tammy Paster, un consulente sui finanziamenti, Stowe elenca i benefici concessi ai diversi livelli di finanziatori del partito alla convention dei Democratici di Philadelphia. I livelli partono da una donazione diretta di 66.800 dollari e arrivano fino a 467.000 dollari. Nel documento, inoltre, alcuni funzionari del partito discutono di come ricompensare le persone che hanno fatto donazioni dai 250mila a 1,25 milioni di dollari.
© 2016 – The Washington Post
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