Con piacere e gratitudine, torno ad ospitare sul sito un contributo dell’amico Umberto Baldocchi. Buona lettura! A.G.
“CE LO CHIEDE L’ EUROPA”
Questo “mantra” usato strumentalmente e demagogicamente dai sostenitori delle più svariate politiche restrittive battezzate in Italia “riforme” ed anche della RIFORMA COSTITUZIONALE, oggi, dopo la BREXIT, forse non sarà più tale. Incredibilmente esso sta diventando vero, adeguato alla realtà che sta emergendo.
Contestare la “deforma” costituzionale sulla base delle sue evidenti aporie e contraddizioni interne, della contraddittorietà dei suoi assunti di fondo rispetto ai cambiamenti realizzati nell’ordinamento, in combinato con la legge elettorale, è un’operazione in sé sempre più insufficiente. In fondo si è iniziato a sostenere che i difetti ci sono, ma sono emendabili ( la Costituzione come menù alla carta, mutabile da ogni nuovo governo). E l’ennesimo ritocco all’ Italicum ( e alle sue evidenti incostituzionalità) potrebbe tranquillizzare ulteriormente la cosiddetta opposizione interna e allargare l’area di un consenso come scelta del “male minore”.
Ciò che sta venendo alla luce è infatti il significato che il progetto assume nel contesto europeo . E’ su quel significato, non sui difetti del progetto, che i cittadini saranno chiamati a decidere. Se questo cambiamento costituzionale fosse risolutivo per qualche aspetto, persino il fatto che la riforma consolidi la nomenclatura al potere potrebbe essere perdonato. In fondo, nella narrazione accreditata dai “media”, il pericolo maggiore per le democrazie europee sembra provenire dalla rappresentatività delle istituzioni e dalla voce diretta dei popoli (Gran Bretagna, Spagna, Grecia, Italia ecc.), dai “populismi” dai “leghismi”, dalle forze anti-sistema, e non dalla rafforzata e centralizzata capacità di decidere. Anzi forse l’ Euro, la moneta tanto bistrattata, potrebbe apparire come il principale difensore della Europa e della pace. Un nuovo “defensor pacis” cui non sarebbe male apprestare un trono!
E’ infatti entro il contesto europeo che acquisterà senso la scelta che i cittadini italiani hanno davanti. Una scelta forse più decisiva di quella del 2 giugno 1946, perché questa volta non decideremo solo per noi.
La “accelerazione decisionale”, che è la virtù più spesso decantata del nuovo modello costituzionale configura il modello di una “democrazia esecutiva” ( G. Zagrebelsky), che opera “in tempo reale” e che, veloce come la finanza, garantisce – sia pure coattivamente, attraverso forzature tecniche dei sistemi elettorali -quella coesione sociale che oggi è necessaria per tenere insieme l’ Europa. Ma può apparire positiva anche la stessa natura del nuovo potere, quella di un “potere assoluto”- nel senso non certo di potere “dittatoriale” bensì in quello vero e originario, di “svincolato” dalla Costituzione vigente-, potere che agisce al di là dei vincoli normativi correnti, operando cioò che è necessario tecnicamente “whatever it takes”, come Mario Draghi dice spesso del potere della BCE . Questo modello- questa la novità- non ha più alcun bisogno di essere occultato, specie dopo la BREXIT.
Si tratta di un processo di decostituzionalizzazione, di cui quella italiana è forse un primo importante passaggio. L’ Italia è infatti il più debole dei grandi Stati fondatori dell’ Europa, ciò che succede qui avrà un impatto rilevante sul resto dell’ Unione. NO TAXATION WITH REPRESENTATION potrebbe essere uno dei nuovi motti di questo rovesciamento del costituzionalismo, per cui non si possono più imporre vincoli fiscali e finanziari col consenso dei cittadini governati, I quali sarebbero, sempre e comunque, in grado di esprimere interessi immediati e locali, o “populistici”, diversamente dalla istituzioni finanziarie che avrebbero invece- quando sono“illuminate” come appare la BCE – la lungimiranza per esprimere i veri interessi generali e permanenti e quelli delle generazioni future, sacrificate oggi dall’”egoismo” degli anziani. Il modello è quello delle oligarchie tecnocratiche, della Commissione Europea di Bruxelles oltre che della BCE. E’ il modello di un “superamento” di una “politica” degradata e ormai inutile e di una democrazia obsoleta ! Un modello che in Italia potrebbe convincere e vincere!
Il voto popolare è, in questo modello, sì accettabile, ma come una scelta all’interno di elites che è opportuno siano autoreclutate. L’ Italicum docet: si potrà anche modificare il destinatario del premio di maggioranza, partito o coalizione che sia, ma non il sistema di autoreclutamento delle elites coi capolista bloccati e le candidature multiple necessarie per imporre i candidati voluti dalle èlites , incapaci di “vincere” confrontandosi sul campo, cioè in un collegio reale di elettori in carne ed ossa, e osando parlare in spazi aperti al pubblico, come facevano un tempo i partiti di qualsiasi colore. Il superamento del bicameralismo paritario, la nuova configurazione dei rapporti Stato-Regioni, la riduzione dei costi istituzionali, l’abolizione del CNEL sono divenute ormai sottilissime foglie di fico che ancora per poco srviranno a nascondere la finalità vera della “riforma” costituzionale.
I veri “danti causa” della riforma italiana infatti stanno scendendo in campo per affermare con chiarezza, senza infingimenti, questa finalità. L’ “Europa di Bruxelles” chiederà sempre più apertamente una involuzione autocratica ( ovviamente una “riforma”) delle “democrazie periferiche”, a partire da quella italiana. E’ vero che anche Gran Bretagna, Francia e Germania soffrono di problemi- certo non paragonabili ai nostri- di funzionamento delle loro democrazie. Ma in quale di questi Stati potrebbe essere presentata una “riforma” del genere? E chi potrebbe convincere un tedesco che il sistema proporzionale puro, senza premi di maggioranza, impedisce, sempre e comunque, la stabilità dei governi, genera i populismi o rallenta la legislazione? In questo sistema della doppia verità, c’è una seconda “verità” che vale evidentemente solo per gli italiani, I Greci e gli Spagnoli.
Questa finalità autocratica potrebbe addirittura essere persino attraente per i cittadini italiani, una sorta di male minore per chi è abituato a credere che malgoverno e corruzione siano mali inguaribili solo in Italia. Una “democrazia esecutiva” , specie se sollecitata dall’ UE, in cambio di qualche “flessibilità” di bilancio ( magari l’ultima delle concessioni!) potrebbe anche piacere. Anche perché essa potrebbe apparire senza alternative, una dura necessità, che sarebbe l’ultima spiaggia per evitare il rischio della deflagrazione, della spaccatura , dei muri, dei filospinati, forse persino della guerra . Probabilmente anche molte “anime candide”sarebbero pronte ad allinearsi ad una riforma di cui non condividono niente.
E se non ci fossero alternative, o se i cittadini non le conoscessero, sarebbe davvero cosi.
C’è però un’altra Europa, molto diversa da quella della Commissione di Bruxelles . E’ l’ Europa che ha ricostruito lo “ius publicum europaeum” dopo la seconda guerra mondiale ed ha dato inizio alla grande stagione del costituzionalismo europeo, a cui si devono lo Stato di diritto, il principio di eguaglianza sostanziale, oltre che formale, dei cittadini, le grandi costituzioni italiana e tedesca, la costruzione di vere sovranità popolari, la scelta di una possibile unità confederale o federale europea perseguita pazientemente attraverso le limitazioni ( non le cessioni) di sovranità e fondata su graduali passaggi consensuali, ciò che ha garantito la pace e il benessere in un’area crescente di territorio europeo.
Sul territorio dell’ Europa continentale ( la Gran Bretagna non ne aveva bisogno) questo costituzionalismo si è affermato, dal 1946 in poi, in contrapposizione al comunismo dilagante ad est, come limitazione dei poteri statali- non come onnipotenza di poteri statali- ed ha, in un secondo momento, costituito le basi dello sgretolamento del blocco sovietico con l’ Atto finale della conferenza di Helsinki del 1975, che ha sì garantito le frontiere del blocco sovietico, ma ha anche legittimato e internazionalizzato il dissenso interno ai regimi comunisti, impegnando i governi al rispetto integrale dei diritti umani e delle libertà di pensiero e di coscienza E’ questo costituzionalismo quello che ha fatto dell’ Europa la terra mondiale dei diritti e del diritto. Quella terra verso cui oggi arrivano i barconi dei profughi e dei migranti.
L’ Europa di Spinelli, Adenauer, Monnet, Schuman, De Gasperi non ha nulla a che vedere- diciamolo pure !- con l’ Europa del neoliberismo e della finanza senza regole, o con l’ Europa della Commissione, una Europa decisamente mostruosa, di una mostruosità che non si riconosce come tale- solo perché ci siamo assuefatti- ma che dovrebbe essere denunciata con le parole chiare con cui padre Mapple, nel capitolo IX di Moby Dick, denuncia l’assurdità di un “ mondo in cui il peccato che paga può viaggiare liberamente e senza passaporto, mentre la virtù se è povera, viene fermata a ogni frontiera”. Una “Europa” che ci sta regalando una recessione senza fine, l’ appalto a un regime autoritario dell’accoglienza dei profughi, ed i nazionalismi degli Stati spinti ad uscire dall’Unione.
La scelta che abbiamo davanti è allora anche ( o soprattutto?) una scelta tra queste due Europe. Quale delle due Europe vogliamo per il futuro? Quello che abbiamo davanti non è un dunque plebiscito pro e contro un governo, neppure se è il governo a dirlo. E’ una decisione di portata storica,in cui governo e opposizione sono solo comparse sul fondo della scena. La scelta del referendum è soprattutto un appello alle coscienze ed un appello alla cultura civile.
E’ vero. L’ Europa in cui viviamo va ormai considerata una casa comune, un edificio che condividiamo in tanti popoli. Meno Europa non sarebbe la soluzione, come sinora non lo è stato avere “più Europa”. Ma di cosa ha bisogno quest’edificio? Di una “ristrutturazione” o di una “rinfrescatina” , cioè di una nuova tinteggiatura? O di una rifondazione dei suoi principi basilari e delle sue colonne portanti? Non rassomiglia un po’ l’ Europa di oggi a quell’ “edificio fragile e barcollante che rischia di caderci sulle teste e di seppellirci sotto le sue rovine” , come scriveva Hamilton nel Federalista n.15, a proposito della originaria Costituzione confederale americana- guarda caso anche quella un Trattato sottoscritto dagli Stati che teneva luogo di Costituzione- ? Non si affermò il costituzionalismo moderno in America superando le mostruosità giuridiche prodotte da un falso e opportunistico sistema confederale che non riusciva a tenere insieme i vari Stati e consentiva più potere ai più forti?
Il referendum costituzionale italiano dovrà decidere su un problema italiano. Ma dovrà anche decidere su un grande problema europeo, forse sul più importante problema europeo, quello se riprendere il cammino storico del costituzionalismo europeo, tornando alle sue radici culturali profonde o abbandonare questo cammino per prendere la strada di un neo assolutismo tecnocratico, in cui contano, prima di tutto, la rapidità delle scelte, l’affidabilità delle tecnocrazie e l’intelligenza del denaro o della finanza, non quella delle persone, anche quando le tecnocrazie partoriscono solo mostruosità giuridiche. Dalla battaglia per la difesa dei principi scritti nella nostra Costituzione e contro la “democrazia esecutiva” può nascere forse la possibilità di rifondare le istituzioni europee e di avere, forse un giorno, anche una vera Costituzione europea.
Umberto Baldocchi
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