di L. Lago
Indipendentemente da quale sarà l’esito finale del conflitto in Siria, che ormai, dall’intervento russo, ha preso una piega negativa per i gruppi terroristi appoggiati da Washington e dai suoi alleati, i piani dei “falchi” neo cons del Congresso e del Dipartimento di Stato prevedono l’attacco all’Iran, considerato ormai un “target” prioritario e definitivo per la strategia USA.
Tuttavia prima di attaccare direttamente, la strategia del Pentagono è quella di destabilizzare con una opportuna “rivoluzione colorata” sobillata dalla CIA e dai servizi di intelligence sauditi che giustifichi poi un intervento militare da parte di una “coalizione pro occidentale”. La mano d’opera non manca ed è opportunamente addestrata dai servizi di intelligence occidentali: si tratta dei miliziani appartenenti al gruppo terroristico anti-iraniano dei “Mojahedin-e Khalq”(Mko).
All’opera le fonti di propaganda pro occidentale attraverso internet , i social media e le trasmissioni radio quali “Voice of America”, finanziato dal governo USA, e Radio Farda, così come i canali satellitari pro-monarchici con base negli Stati Uniti, la radio pubblica israeliana e il gruppo ribelle dei mujaheddin del Popolo. La strategia di sobillazione si basa anche su una serie di ONG che si nascondono dietro sigle umanitarie come la Human Right Watch, la Brookings Institution, la George Soros’s Open Society Institute e la National Endowment for Democracy con base a Washington. Tutte ONG già utilizzate in passato per le “primavere arabe” in Libia, in Siria e nei paesi dell’Est Europa, il cui ruolo è essenziale nelle attività di sobillazione al fine di provocare il malcontento e dimostrazioni pubbliche contro il regime.
Il ruolo chiave nel finanziamento e nel sostegno delle attività anti iraniane è svolto ancora una volta dall’Arabia Saudita, come avvenuto per il rovesciamento di Gheddafi in Libia e per l’attacco alla Siria. Un ruolo che ormai è divenuto anche scoperto e dichiarato, come risuta anche dall’ultima riunione svoltasi la scorsa Domenica a Parigi per raccogliere fondi per il gruppo terroristico anti-iraniano dei Mojahedin-e Khalq (Mko).
A Parigi l’incontro dei terroristi del Mojahedin-e Khalq con i sauditi ospiti d’onore.
Si è svolta domenica a Parigi, la capitale francese la riunione annunale per raccogliere fondi per il gruppo terroristico anti-iraniano dei Mojahedin-e Khalq (Mko). Questa ‘organizzazione terroristica , conosciuta anche con le sigle MKO e PMOI fu stata creata a suo tempo al fine di provocare il caos in Iran mediante attentati e sabotaggi ed aiutare a fare pressione sull’amministrazione locale.

Tra gli ospiti d’onore alla riunione c’era l’ex capo dei servizi segreti dell’Arabia Saudita e attuale presidente del Consiglio del Centro Studi di Ricerca islamica, il principe Turki al-Faisal. All’evento hanno partecipato anche l’ex primo ministro algerino Sid Ahmad Ghozali, l’ex ministro giordano dell’Informazione Salah Gualleb, l’ex ministro degli Esteri egiziano Mohammad Orabi e Azzam al-Ahmad, un membro del movimento palestinese Fatah (quello finanziato dai sauditi).
il principe saudita Turki al-Faisal ha tenuto un discorso, nel corso del convegno, senza nascondere la dichiarata ostilità sua e della Monarchia saudita verso Teheran ed ha promesso il massimo sostegno al movimento, ha reso anche un omaggio speciale all’attuale capo del gruppo terroristico Mariam Rajavi e a suo marito Massoud Rajavi, l’ex capo del Mko.
La partecipazione di Turki alla raccolta fondi di un gruppo terroristico responsabile della morte di migliaia di iraniani, ha messo in evidenza il ruolo dominante dell’Arabia Saudita nel sostenere i gruppi terroristici nella regione. La presenza di Turki alla riunione del Mko ha confermato di fatto che l’Arabia Saudita non si preoccupa più di nascondere la sua ostilità verso l’Iran e di svolgere un ruolo per conto terzi (leggi per conto di Washington).
Questo gruppo dei Mojahedin-e Khalq è tristemente noto in Iran, infatti aveva iniziato le sue attività terroristiche assassinando cittadini e funzionari iraniani dopo la rivoluzione islamica. I Mojahedin hanno ucciso molti dei nuovi leader iraniani nei primi anni post rivoluzione, tra cui l’allora presidente Mohammad Ali Rajayee, il primo ministro Mohammad Javad Bahonar e l’Amministratore Giudiziario, Mohammad Hossein Beheshti che furono uccisi nel 1981 in attentati dinamitardi compiuti dai membri del Mko.

Il gruppo era fuggito in Iraq nel 1986, dove venne protetto da Saddam Hussein e dove aveva sostenuto il dittatore iracheno nel sopprimere le rivolte degli sciiti e dei curdi. Il gruppo terroristico si era poi unito all’esercito di Saddam durante la guerra imposta sostenuta dagli Usa contro l’Iran (1980-1988), ed è stato responsabile dell’uccisione di migliaia di civili e soldati iraniani durante la guerra. Dei circa 17mila iraniani uccisi in attacchi terroristici compiuti dopo la vittoria della rivoluzione islamica iraniana, circa 12mila sono caduti vittima degli attentati terroristici del Mko.
Il gruppo terrorista è uno di quei gruppi sostenuti da USA, Israele, Arabia Saudita e Gran Bretagna nella loro strategia di rovesciamento dei governi ostili agli interessi occidentali. Uno strumento di sovversione e di destabilizzazione, alla pari con Al Qaeda, con l’ISIS ed altri gruppi creati ed appoggiati dai servizi di intelligence occidentali e sauditi.
Nel settembre 2012, gli ultimi gruppi di terroristi del Mko lasciarono Campo Ashraf, il loro centro di formazione principale nella provincia irachena di Diyala, e furono trasferiti , dalle autorità USA, a Camp Liberty vicino all’aeroporto di Baghdad.
Naturalmente Washington e l’Unione Europea hanno rimosso l’Mko dai loro elenchi di organizzazioni terroristiche. Questi mercenari continuano a godere della piena libertà di svolgere attività negli Stati Uniti e in Europa, e di tenere incontri anche con funzionari americani ed europei.
Facile pensare che, con l’eventuale ascesa alla presidenza della Casa Bianca della Hillary Clinton, finanziata in buona parte dalla Monarchia dei Saud ed appoggiata dalla lobby pro Israele, sarà inevitabile un conflitto con l’Iran anche perchè la potente lobby del complesso militare industriale USA si trova nella necessità di nuove guerre per alimentare il proprio apparato e far salire a Wall Street il valore delle azioni delle grandi aziende degli armamenti. Il business richiede la guerra con l’Iran.
Fonti: Press TV
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