La Francia dimostra come l’Ue sia irriformabile

Le proteste in Francia contro la “Loi Travail” ci indicano ancora una volta come l’Europa non possa essere riformata. Il welfare e le tutele dei lavoratori sono concepite come spese da tagliare a tutti i costi, e le rivolte di popolo vengono represse nella consapevolezza che non esiste nessun partito anticapitalista che metta in discussione “da sinistra” il sistema vigente. Già perchè le proteste da “destra”, al contrario, non sembrano disturbare i manovratori.

Migliaia di francesi sono scesi in piazza in questi giorni per protestare contro la Loi Travail, un pò una sorta di Jobs Act in salsa francese che è stato rigettato dal popolo francese.

Hollande e il suo governo intendono però andare avanti costi quello che costi, uno scenario che abbiamo già conosciuto dato che il potere europeo è abituato a non fare concessioni al popolo.La libertà di licenziare e il superamento dei contratti nazionali sono il minimo per l’Ue che in modo ideologico e quasi fanatico ha deciso che a pagare la crisi del capitalismo finanziarizzato devono essere i lavoratori.

Qualsiasi paese dove i lavoratori godono di diritti e di potere contrattuale diventa vittima delle attenzioni dell’Ue e della Troika che impone “cure” che distruggono tali paesi facendoli piombare nell’abisso della povertà, basti pensare alla Grecia.

L’Unione Europea ha deciso senza alcuna consultazione popolare che il lavoro e l’economie devono essere regolati dal neoliberismo, e chiunque non voglia soggiacere a questa visione viene lasciato perire nell’indifferenza e nell’isolamento.

E il bello è che tutti, da Renzi a Hollande passando per Cameron e la Merkel continuano a propagandare il concetto che o si è a favore dell’Ue o si è dei pericolosi populisti xenofobi. Peccato che in nessuno dei paesi succitati i governi prendano misure contro il razzismo, sembra quasi anzi che stiano facendo cuocere i popoli a fuoco lento in modo così da aumentarne l’esasperazione e spingerli nelle mani dell’estrema destra.

Eh sì perchè ancora una volta a spaventare l’establishment ci sembra che non sia la possibilità di una deriva autoritaria di destra bensì lo svilupparsi di una alternativa anticapitalista popolare da sinistra. Il perchè lo diciamo? Semplice, non ci sembra che l’estrema destra metta in alcun modo in discussione i poteri forti e i rapporti di produzione all’interno del capitalismo, al contrario ci sembra che il suo ruolo sia principalmente quello di blindare lo status quo in cambio di ordine sociale. Non a caso l’estrema destra è sempre stata opportunamente finanziata e non si è mai trovata a corto di risorse.

Ma fin quando la sinistra continuerà a rimanere subalterna del liberismo e di cose che non dovrebbero avere nulla a che fare con la sua storia, la destra continuerà a rafforzarsi e l’Unione Europea finirà per sgretolarsi schiudendo una nuova era: quella dei nuovi nazionalismi. E statene certi, quegli stessi poteri che prosperavano con l’Ue troveranno un modo di farlo anche nella nuova realtà

Tribuno del Popolo

Merkel, Hollande, Cameron, Renzi sono oramai parte dello stesso sistema di potere, per questo la rivolta francese, quale che sia il suo risultato finale, segna un punto di svolta e rottura.Rottura che si é realizzata nella piccola Austria, dove da destra e da sinistra gli elettori hanno mandato a picco democristiani e socialisti al governo da sempre.

La stessa rottura, e anche qui il risultato non sarà la sola cosa a contare, ci sarà a giugno con il referendum sulla Brexit e, seppure in un contesto diverso, da noi in ottobre con quello sulla controriforma costituzionale. È tutto il sistema europeo che scricchiola e lo fa sotto l’estendersi del rifiuto e della contestazione popolare. È una crisi da accogliere con gioia.

Sono convinto che in un futuro, speriamo più vicino possibile, ci si chiederà con compassione ed incredulità come sia stato possibile che le decisioni fondamentali di paesi formalmente democratici siano state sottoposte al vaglio ed al giudizio meticoloso di controllori esterni.

Come sia stato possibile che i parlamenti abbiano accettato di rinunciare alla propria sovranità per delegarla ad autorità esterne non elette da nessuno. E soprattutto ci si chiederà come sia stato possibile che le decisioni sul lavoro, sulle pensioni, sulla sanità, sulla scuola, sul sistema produttivo, sulle stesse regole democratiche, siano state prese in funzione del giudizio su di esse da parte di sconosciuti burocrati installati e Bruxelles dai partiti in condivisione con le banche e il potere economico multinazionale.

Ci si chiederà come sia stato possibile rinunciare a decidere sugli aspetti fondamentali della propria vita sociale, economica e politica, accettando il potere quasi assoluto di una entità astratta chiamata “Europa”. Entità astratta dietro la quale si sono nascosti gli interessi concreti delle élites economiche, delle classi più ricche e delle caste politiche e burocratiche di tutti paesi del continente. Tutte queste élites non avrebbero mai avuto la forza di imporre paese per paese, ognuna direttamente contro il proprio popolo, quella drammatica distruzione delle conquiste sociali e democratiche che oggi stiamo vivendo. Da sole non ce l’avrebbero fatta a smantellare la più importante conquista dei popoli del continente, il patrimonio storico politico che l’Europa avrebbe dovuto accrescere e contribuire ad estendere in tutto il mondo: lo stato sociale.
Lo stato sociale era stato sancito dalle costituzioni antifasciste del dopoguerra. Quelle costituzioni che, come la nostra, si erano date l’obiettivo non della semplice eguaglianza giuridica contenuto nei vecchi statuti liberali, ma quello della eguaglianza sociale. Questo sistema costituzionale non poteva piacere alla finanza internazionale. Nel 2013 la Banca Morgan aveva affermato in un suo documento ufficiale che le costituzioni antifasciste, con la loro marcata impronta sociale, erano un ostacolo verso il pieno dispiegarsi della controriforma liberista.
Bisognava abbatterle e a questo è servito il nuovo mantra della politica senza alternative: “lo vuole l’Europa”!
Non c’è sciocchezza ideologica più fuorviante dell’affermazione secondo la quale il limite del progetto europeo è che esso sia solo economico e non politico. È vero sostanzialmente il contrario. Il sistema europeo è un sistema politico, costruito per agevolare il dominio dei mercati sulle nostre vite e per affermare il liberismo estremo nelle relazioni economiche e sociali. La costituzione della Unione Europea, i trattati e i patti che la istituiscono e governano, da quello di Maastricht al Fiscal Compact, disegnano l’architettura rigorosa di un sistema di potere con scopi chiarissimi.
L’articolo uno reale della costituzione della Unione Europea, se paragonato a quello equivalente di quella italiana, suona così:
“L’Unione Europea è una oligarchia fondata sul mercato, la sovranità appartiene al potere economico e finanziario che la esercita secondo le regole della competitività e del massimo profitto”

La rivolta dei lavoratori e dei giovani francesi sconvolge la costituzione reale dell’Europa e segna l’avvio della sua crisi. I popoli hanno cominciato a capire la verità di fondo di questo sistema europeo e cioè che esso non è riformabile, può solo essere rovesciato.La UE può solo produrre Jobsact in Italia, Loi Travail in Francia ,Memorandum in Grecia. Altro non sa e non può fare. La campana francese suona a morto per l’Unione Europea delle banche e dell’austerità e tutti popoli europei non possono che festeggiare. E prepararsi a seguire l’esempio degli scioperanti francesi.

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