Aborto, il boicottaggio della legge 194

Uno striscione con la scritta 194 durante una manifestazione a Napoli, in una immagine di archivio. ANSA/CIRO FUSCO

Obiettori di coscienza in crescita. Leggi boomerang. L’ombra della clandestinità. La ginecologa Agatone sul calvario che una donna deve affrontare per abortire.


Nel 1978 entrò in vigore la legge 194 sull’aborto. Nel 2016 si corre il rischio che diventi lettera morta. L’Italia procede anche in questo caso col passo del gambero. LA CONQUISTA DELLA PILLOLA DEL GIORNO DOPO. Se da un lato finalmente la pillola del giorno dopo Norlevo, che a scanso di equivoci non procura l’aborto ma è a tutti gli effetti un metodo contraccettivo, potrà essere acquistata nelle farmacie dalle maggiorenni senza ricetta, dall’altro per le donne è sempre più difficile accedere a un servizio sanitario previsto dalla legge. Lungaggini burocratiche, attese, leggi boomerang e, su tutto, l’obiezione di coscienza rendono l’aborto, già di per sé un momento particolarmente doloroso per ogni donna, un vero e proprio calvario. Insomma, come titolava Pagina99, «Abortirai con dolore». Sempre ammesso che tu ci riesca.

Il nodo degli aborti terapeutici

 

Silvana Agatone. Silvana Agatone.

Ma di cosa parliamo quando si discute di aborto? In primo luogo, spiega a Lettera43.it Silvana Agatone presidente della Laiga (Libera associazione italiana ginecologi per l’aplicazione della 194/78) e ginecologa presso il Pertini di Roma, vanno distinti l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg), sia essa farmacologica o chirurgica, che si effettua entro i primi 90 giorni, e l’aborto cosiddetto terapeutico, che viene effettuato dopo i tre mesi nel caso in cui la salute psico-fisica della donna sia in pericolo o il bambino presenti gravi malformazioni. MEDICI A GETTONE. Questo perché, continua Agatone, mentre nel primo caso «gli ospedali possono organizzarsi anche in assenza di un medico non obiettore, nel secondo è tutto molto più complicato». E organizzarsi significa pagare un ginecologo non obiettore a gettone. Si fissano le interruzioni di gravidanza in un determinato giorno della settimana e si argina il problema. Anche se con un costo in più per la Sanità pubblica. I veri problemi sorgono con gli aborti terapeutici. Che più che aborti sono parti. RICOVERO NECESSARIO. «In questi casi», mette in chiaro la ginecologa, «occorre indurre il parto attraverso la somministrazione di medicinali e ricoverare la donna in ostetricia». Il farmaco può fare effetto in 12 ore o in tre giorni. «Per questo è necessario un ginecologo non obiettore nel team dell’ospedale». Logico. Peccato che in Lazio, per esempio, i ginecologi non obiettori strutturati all’interno delle strutture siano sette. E, nel resto del Paese, non è che la situazione sia molto diversa. Visto che per il 70% sono medici obiettori (con punte in Molise e a Bolzano del 90%). Una percentuale cresciuta sensibilmente dal 2015, quando – stando ai dati del ministero della Salute- era al 59%. SOLO IL 60% DEGLI OSPEDALI EFFETTUA L’IVG. La realtà, purtroppo, è che, nonostante la 194, solo il «60% degli ospedali italiani eroga il servizio, ma non viene precisto se si tratti di Ivg o aborti terapeutici». Insomma: una buona parte delle strutture italiane è, di fatto, fuori legge. Questo, continua Agatone, genera veri e propri pellegrinaggi di regione in regione. Dal Frusinate, per esempio, ci si sposta a Caserta in una clinica convenzionata. Senza considerare il dispendio di denaro e di tempo. E il tempo, in questo caso soprattutto, è un nemico. Passano le settimane e c’è il rischio di oltrepassare i termini. Le più benestanti possono comunque rivolgersi all’estero, ma le altre? «A volte paghiamo noi i viaggi», ammette la dottoressa.

L’aumento delle sanzioni e lo schiaffo alle immigrate

 

Secondo la Laiga in Italia ci sono oltre il 70% di medici obiettori di coscienza. (© ImagoEconomica) Secondo la Laiga in Italia ci sono oltre il 70% di medici obiettori di coscienza.

In quel generico ‘altre’ ricadono anche le donne immigrate, magari irregolari. Per le quali al danno si aggiunge la beffa. CRESCONO I RISCHI. Un decreto legislativo del 15 gennaio scorso, presentato dal Guardasigilli Pd Andrea Orlando, ha infatti previsto la depenalizzazione dell’aborto clandestino aumentando però di 200 volte la sanzione pecuniaria che una donna dovrebbe pagare in caso di Ivg non avvenuta entro i termini di legge e in strutture idonee. Dai 51 euro si passa ai 5-10 mila. Misura che ha come unico effetto quello di aumentare i rischi per le donne. COMPLICAZIONI FUORI CONTROLLO. Una immigrata clandestina che si mette nelle mani di mammane improvvisate, per esempio, in caso di complicazioni non si recherà in ospedale col timore di dover pure pagare una multa alla quale sa di non poter fare fronte. E così muore fuori, da sola. O arriva in condizioni gravissime al pronto soccorso. Magari con un aborto parziale in atto.

I centri di diagnosi prenatale in mano agli obiettori

 

Una manifestazione pro diritto all'aborto. (© ImagoEconomica) Una manifestazione pro diritto all’aborto.

Ma gli ostacoli per l’applicazione della legge non finiscono qui. Anche farsi prescrivere un aborto terapeutico è complicato. In Italia ci sono 500 centri di diagnosi prenatale gestiti da obiettori, spiega Agatone. Cosa significa? DONNE ABBANDONATE. «Che dopo la diagnosi, le donne vengono salutate. Grazie e arrivederci. Nessuno le segue o dà loro informazioni», dice. Anche in questo caso, sono costrette a migrare per trovare un non obiettore. «Il sito del ministero non ha un elenco degli ospedali», denuncia la ginecologa. «La nostra associazione ha un numero verde che fornisce le strutture adeguate più vicine alla donna che chiama». Ma è evidente che così non si può andare avanti. IVG IN LEGGERO CALO. Eppure il ministero pare non preoccuparsene. Forte degli ultimi dati che danno le interruzioni di gravidanza in leggera diminuzione (-5,1% nel 2014). Numeri e percentuali da prendere però con le molle. Perché il problema è monte: nel metodo di rilevazione. «Il ministero si affida ai dati Istat», chiarisce Agatone. «Ogni volta che effettuiamo questo tipo di intervento compiliamo una scheda da inviare all’istituto. Ma aumentando gli obiettori, va da sé che queste schede diminuiscono». La fotografia che ne esce, dunque, non è fedele alla realtà. L’OMBRA DELLA CLANDESTINITÀ. «È più corretto dire che diminuiscono gli aborti alla luce del sole», dice Agatone. «Per questo la mappa non corrisponde al territorio. Andrebbe analizzata invece l’incidenza delle richieste d’aborto interpellando i consultori per vedere se la risposta che si offre è adeguata effettivamente alla domanda». Molte immigrate, per esempio, si rivolgono ai consultori, magari vanno fuori tempo massimo. «E poi se ne perdono le tracce». Sempre secondo il ministero, gli aborti illegali sarebbero 15 mila tra le italiane e tra i 3 e i 5 mila fra le straniere. Complice la possibilità di procurarsi farmaci abortivi via Internet senza troppe difficoltà. Numeri, però, che stando agli operatori dovrebbero essere rivisti al rialzo. E non di poco. Parallelamente sono in aumento gli aborti spontanei. Spesso, ribadisce Agatone, «si tratta di aborti incompleti, schedati come spontanei».

Nelle corsie tra boicottaggi e mobbing

 

Una manifestazione antiabortista. (© Gettyimages) Una manifestazione antiabortista.

L’obiezione di coscienza, invece, non si arresta. Anzi. Ed è diffusa soprattutto tra i giovani professionisti. Mentre i non obiettori sono ormai quasi tutti in età da pensionamento. E non sono solo medici. Anche infermieri, ferristi, portantini. LA CARICA DEGLI OBIETTORI. «La cosa inconcepibile», lamenta Agatone, «è che riguarda pure gli anestesisti, sebbene non prendano parte all’aborto. Il loro compito è addormentare la paziente, che sia sottoposta a un’appendicectomia o a una Ivg non li riguarda». Eppure accade che, sebbene in un ospedale sia di stanza un ginecologo non obiettore, questo non possa svolgere servizio. «Un collega», racconta la ginecologa, «mi ha raccontato che l’infermiera obiettrice si è rifiutata di pulire i ferri dopo l’intervento». In altri casi il personale non accompagna la paziente in sala operatoria. FORMAZIONE A RISCHIO. Ma a essere boicottata è anche la formazione dei nuovi ginecologi. A Roma, scuole di specializzazione che dovrebbero essere laiche come Sant’Andrea e Tor Vergata non eseguono Ivg. E in 60 strutture opera solo un non obiettore. Inutile poi andare per vie legali. In Puglia erano stati indetti concorsi per consultori riservati ai non obiettori. È finita che il Tar li ha bocciati perché considerati discriminatori nei confronti degli obiettori. Ma perché nel 2016 così tanti medici scelgono questa strada? QUESTIONE DI OPPORTUNITÀ. Per molti operatori la risposta è fin troppo semplice. E sta tutta in una osservazione: quanti primari di ginecologia obiettori ci sono in Italia? Si contano sulle dita di due mani a essere generosi. Chi vuole fare carriera, al netto dell’orientamento politico, sa che non deve pestare i piedi al Vaticano. In seconda battuta, la vita dei non obiettori all’interno degli ospedali può essere veramente difficile. Mancanza di collaborazione e mobbing sono all’ordine del giorno e portano, in alcuni casi, a gettare la spugna. Al di là delle questioni più o meno autentiche di coscienza, restano le donne alle quali viene negato un diritto acquisito dopo anni di battaglie. Per il quale, tra l’altro, paghiamo le tasse. E che non possono permettersi il lusso né di aspettare, né di cercare un ospedale dove poter interrompere la gravidanza facendo file all’alba come fossero alle Poste. di

Twitter @franzic76

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