L’Unità, Renzi prepara la fuga

Il quotidiano perde 270 mila euro al mese. La fila di creditori si allunga. E non ci sono nuovi investitori. Così il premier cerca di sfilarsi. Per non farsi travolgere.

Quanto potrebbe pesare sul Pd di Matteo Renzi il fallimento del quotidiano L’Unità?

Quanti punti potrebbe costare alle prossime elezioni amministrative il flop del rilancio della storica testata fondata da Antonio Gramsci?
Sono le domande che in queste ore circolano tra vecchi e nuovi addetti ai lavori di quello che è stato uno dei giornali che ha accompagnato la storia italiana, a poco più di tre settimane dall’asta indetta dal liquidatore fallimentare (il 23 marzo, ndr) che dovrebbe verificare se ci siano nuovi investitori intenzionati a rilevarlo.

ASTA DESERTA? RISCHIO CONCRETO.

La situazione è drammatica. E la possibilità che l’asta vada deserta, dato l’ammontare a fronte di vendite attestatesi intorno alle 8 mila copie giornaliere, è molto probabile.
I dubbi si sono fatti ancora più insistenti dopo un articolo del Corriere della Sera del 29 febbraio in cui si dà conto di una certa irritazione del premier per la situazione in cui versa il quotidiano.
Tanto che il segretario del Pd avrebbe battuto i pugni sul tavolo chiedendo chiarezza, e addossando parte della responsabilità della debacle ai circoli dei democritici che avrebbero sottoscritto pochi abbonamenti. Non solo. Renzi sarebbe disposto a investire 1,5 milioni di euro del partito incassati grazie al 2 per mille.
UN QUADRO DESOLANTE.
L’articolo del corriere Corriere si ferma qui, e non dà conto del quadro ben più desolante in cui versa il quotidiano diretto da Erasmo D’Angelis, il quale potrà vantare un ottimo rapporto molto stretto con il presidente del Consiglio, ma che non ha mai presentato un piano editoriale o industriale ai giornalisti e che, per questo motivo, non ha mai ricevuto la fiducia della redazione.
Ma non è tutto. Poche settimane fa Il Giornale evocava la possibile nomina in Acea per l’ex capo struttura di missione sul dissesto idrogeologico. Idea che poi sarebbe stata accantonata.
Ma a questo si aggiunga che negli ultimi mesi si è allungata la fila di fornitori che vorrebbero veder saldati i loro crediti.
E ci sarebbero persino difficoltà nel pagare gli stipendi dei giornalisti.

La guerra tra il Pd e i Pessina

Il tesoriere Pd Francesco Bonifazi.

Il tesoriere Pd Francesco Bonifazi.

Ma come già anticipato da Lettera43.it, gli azionisti di maggioranza, i Pessina, titolari dell’80% delle azioni, si starebbero sempre più disaffezionando, anche se sono ancora agganciati ai destini de L’Unità per vi di una una fidejusssione di 10 milioni di euro con Banca Intesa contratta per onorare i debiti pregressi della vecchia gestione.
In questa chiave, quindi, fonti ben informate sostengono che ci sia un braccio di ferro in corso tra i costruttori e lo stesso Renzi. O meglio, i primi, sempre più restii a mettere mano al portafoglio, spingerebbero il Pd con la Fondazione Eyu (titolare del 19% delle azioni) a investire sul giornale.
Cosa che l’ex rottamatore fiorentino sarebbe intenzionato a fare, secondo le indiscrezioni del Corriere, anche se 1,5 milioni di euro non basterebbero per coprire un buco che si va via via sempre più allargando. È una battaglia al centro della quale ci sarebbe Francesco Bonifazi, il tesoriere del Pd, accusato dal segretario di non averlo tenuto al corrente della reale situazione contabile del giornale.

BILANCIO DA CHIUDERE A BREVE.

L’Unità perderebbe circa 270 mila euro al mese, non 200 mila come riferito dal quotidiano di via Solferino.
A breve si dovrà redigere un bilancio. E non sarà facile coprire i vecchi debiti con i nuovi che a meno di un anno dal ritorno in edicola de L’Unità ammpntano a quasi 3 milioni di euro.
A questo si aggiunge il rischio che a breve qualche creditore possa decidere di riscuotere i pagamenti inevasi rivolgendosi al tribunale fallimentare.

Un po’ di ossigeno potrebbe arrivare dai fondi pubblici, ma il Durc del 2014 è ancora fermo all’Inps. Senza il via libera, non si potrebbe neppure mettere mano a circa 1 milione di euro che potrebbe aiutare a pagare pure i crediti vantati dalla vecchia redazione.
LA STRATEGIA DI RENZI.

Chi conosce bene il mondo renziano sostiene, a microfoni spenti, che con l’articolo sul Corriere Renzi abbia voluto sfilarsi da una situazione che sta diventando sempre più incandescente e che potrebbe esplodere a breve con un rischio inevitabile: un nuovo fallimento del quotidiano.
E c’è chi aggiunge che in futuro L’Unità potrebbe non esistere più: rimarrebbe solo il marchio buono per le feste.
Profezie apocalittiche. Se si avvereranno lo si saprà solo nei prossimi mesi, con la possibilità che questa volta l’hashtag renziano #lavoltabuona per L‘Unità si riveli una velleitaria ambizione.

Twitter @ARoldering

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