Lo spoglio deve ancora concludersi, ma a Teheran ormai è ufficiale: i riformisti e moderati hanno avuto la meglio sui conservatori.
TEHERAN INCORONA RAFSANJANI. Il primo eletto nell’Assemblea degli Esperti, composta da 88 membri in carica per otto anni che ha il compito di scegliere al suo interno la prossima Guida Suprema nel caso Ali Khamenei muoia o si dimetta, è infatti l’intramontabile ayatollah Akbar Hascemi Rafsajani.
Con oltre 600 mila preferenze nel collegio della capitale, torna a muovere i fili del palcoscenico politico iraniano.
Se il voto nelle altre città iraniane confermerà le scelte fatte nella capitale, si tratterebbe di una vera rivoluzione.
Finora il «club per vecchi ragazzi», come è scherzosamente chiamato data l’età media di 71 anni, è stato infatti dominato dai fondamentalisti.
Rohani e l’ex presidente Rafsanjani fanno infatti parte della stessa lista di area moderato-riformista.
Rafsajani divenne presidente della Repubblica, e Khamanei, nominato in tutta fretta ayatollah, fu scelto come Guida Suprema.
Il tandem si incrinò definitivamente nel 2009, quando Rafsajani, nel frattempo tornato ad essere presidente del parlamento, prese posizione in favore delle proteste della Rivoluzione Verde contro i brogli che portarono alla nuova elezione del presidente ultraconservatore e populista Ahmadinejad.
Eppure, subito dopo l’elezione, non ha mostrato i denti. «È finito il tempo dello scontro, ora è il momento della collaborazion», ha detto, pensando probabilmente anche al suo futuro e a quello dei suoi alleati.
La rimonta dei moderati si rispecchia anche nei risultati del voto per il parlamento. A Teheran, 1,3 milioni di elettori hanno votato per la Lista della Speranza che è riuscita a conquistare 29 seggi su 30.
Non è ancora chiaro tuttavia chi otterrà il 50% + 1 dei 290 seggi parlamentari.
Allo stesso modo non sono ancora ufficiali i dati relativi all’affluenza. Le prime rilevazioni parlano di almeno 33 milioni di iraniani andati alle urne, il 60% degli aventi diritto. La cifra però si riferisce a 40 mila seggi su 52 mila.
La percentuale al momento sarebbe di poco inferiore al 62% delle elezioni del 2012, quando i riformisti avevano invitato la popolazione al boicottaggio in seguito alla repressione sanguinosa della Rivoluzione verde del 2009.
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