La vicenda di Colonia, con il vergognoso silenzio imposto per alcuni giorni ai media su quanto era avvenuto, prima che lo scandalo scoppiasse, ha reso manifesto come l’apparato mediatico sia strettamente controllato dal potere politico negli Stati europei. Quando le notizie, come nel caso dei fatti di Colonia, possono disturbare il “pensiero unico” dettato dai governi filo europeisti  e da Bruxelles, ovvero accoglienza dei migranti considerati come “risorse”, indipendentemente dai rischi connessi con l’immigrazione di masse islamiche provenienti da culture non integrabili con quelle europee, allora è meglio nascondere e distorcere gli avvenimenti o minimizzare quanto più possibile.

Lo stesso atteggiamento mantenuto dalle autorità tedesche prima che lo scandalo scoppiasse è significativo: il primo rapporto della polizia di Colonia recitava: “La notte si è svolta normalmente… A parte qualche eccesso e intemperanza, i festeggiamenti sono stati nell’insieme pacifici … Non ci sono stati scontri … anche grazie al fatto che la polizia era presente e posizionata in luoghi nevralgici”.
Da notare che nessuna testata tedesca di una qualche importanza, con l’esclusione della Frankfurter Allgemeine (testata economica), ha osato parlarne né il 2, il 3, né il 4 Gennaio. Solo nel tardo pomeriggio del giorno 4 la televisione pubblica ZDF ne ha accennato per pochi secondi e il giorno successivo la stessa rete TV ha trasmesso uno speciale con quattro commentatori di cui tre erano “allineati” e solo uno svolgeva il ruolo del “cattivo”e cioè accusava gli immigrati e la politica della cosiddetta accoglienza.

Proteste donne a Colonia
Proteste donne a Colonia

Quando poi è scoppiato lo scandalo con le prime rivelazioni che riguardavano il numero straordinariamento elevato di denunce presentato dalle donne molestate nella notte del 31 Dicembre, allora alcuni giornali hanno in un primo tempo cercato di minimizzare e di evitare di parlare del coinvologimento dei rifugiati, che veniva dalle autorità nettamente escluso inizialmente: “non esistono prove che siano coinvolti i rifugiati nei fatti della notte del 31….” recitavano i rapporti delle autorità ripresi dagli organi di stampa.

Non è un caso che questo accada in Germania come in altri paesi europei dove la stampa e quasi tutti i media si accodano alle versioni ufficiali date dalle centrali politiche  governative.  Si potrebbe parlare di come la stampa e le tv europee hanno presentato le vicende internazionali  relative    alla questione della Turchia, paese che gode di un particolare regime di “facilitazioni” da parte di Bruxelles e che ha ricevuto 3,5 miliardi di finanziamento dalla UE per la questioni profughi (che continuano ad arrivare in decine di migliaia sempre dalla Turchia).

Quasi nessun giornale filo governativo e tanto meno le reti TV avevano fatto conoscere al pubblico tedesco il livello di complicità che la Turchia fornisce all’ISIS, cioè ai gruppi terorristi che hanno devastato la Siria e l’Iraq e da cui arriva anche il collegamento per il terorristi che hanno colpito in Francia. C’è voluta la Russia di Putin per scoperchiare il gioco sporco di Erdogan e rivelare che la Turchia, oltre a gestire il flusso di armi e munizioni per i terroristi, favorisce la vendita del petrolio sottratto dall’ISIS nei pozzi in Siria ed in Iraq e lo rivende attraverso mediatori turchi a compagnie petrolifere occidentali. Di fatto è emerso chiaramente che Erdogan, il presidente turco,  facilita il finanziamento dell’ISIS ed è anche il capo militare occulto di vari gruppi terorristi che operano al di là della frontiera con la Siria.

Nessun giornale tedesco, francese o italiano aveva mai fatto un’inchiesta su questo argomento per non mettere in imbarazzo il premier turco Erdogan, buon amico della Merkel e di Shultz.

Schultz con Merkel
Schultz con Merkel

Si potrebbero fare una serie infinita di altri esempi, a partire dalla valanga di menzogne pubblicate dai media tedeschi ed europei sul conflitto in Siria, sempre per dare credito alle versioni diffuse dal pentagono USA, che avevano voluto far credere che tale conflitto fosse stato generato dalla repressione sanguinosa effettuata dal regime di Assad di rivolte popolari “spontanee” e della presenza di “oppositori moderati” del regime che combattono per affermare ” riforme democratiche “in quel paese. Non vale la pena neanche di soffermarsi sulla deformazione dei fatti e sui falsi clamorosi pepetrati in Siria dalla macchina dei media occidentali, dal preteso utilizzo del gas Sarin attribuito all’Esercito siriano che poi è stato clamorosamente smentito sia dal Mit di Boston e successivamente dalla commissione dell’ONU che ha accertato la responsabilità dei miliziani jihadisti nell’utilizzo del gas. Vedi: Gas sarin in Siria arrivato dalla Turchia

Tuttavia alla fine il tempo è galantuomo e le verità sgradite agli USA ed all’Occidente hanno iniziato a trapelare anche da quel conflitto.
Lo stesso era avvenuto con il conflitto in Ucraina dove le atrocità commesse dal governo di Kiev, filo USA e filo UE, sono state coperte per accreditare la versione americana del Putin “aggressore” e della minaccia di invasione russa dell’Ucraina.

I media europei si muovono come tutta una orchestra che attende il segnale dalla bacchetta del  “direttore” e, quando questo arriva, ripetono tutti la stessa versione con poche “note stonate” quasi insignificanti.
Non a caso la questione della libertà dei media è oggetto attualmente di uno scontro fortissimo in Europa fra la Polonia da un lato e la Germania e la UE dall’altro.
Questo scontro è dovuto al fatto che, a seguito delle elezioni dell’autunno 2015, al governo in Polonia vi è il partito nazionalista di “Legge e Giustizia” (PiS) di Jarosław Kaczyński. Da queste elezioni sono usciti sonoramente sconfitti i conservatori filo-europeisti ed il nuovo governo viene definito “populista” da Bruxelles e dal coro dei media compiacenti, in quanto non allineato con le principali direttive delle politiche neoliberiste della Troika di Bruxelles e Francoforte.

La Polonia non è un paese di scarsa importanza nella UE ed il cambiamento politico non è stato senza conseguenze. Il nuovo governo di Varsavia ha trovato un accordo immediato con quello Ungherese di Orban ed una buona intesa con i conservatori inglesi, ma , naturalmente, è entrato subito in urto sia con Berlino sia con Bruxelles che, come si sa, considerano la “democrazia” essenziale solo quando risulta conforme ai loro interessi.

L’oggetto del contenzioso si riferisce alla nuova legge sui media varata dal governo di Varsavia, una normativa che prevede la competenza del Ministro delle Finanze sulle nomine del CDA delle TV e Radio di Stato. Questa normativa, in fase di approvazione definitiva dal Parlamento polacco, ha fatto insorgere le autorità di Bruxelles e molti circoli filo europeisti che accusano il governo polacco di “autoritarismo” e di voler sottomettere i media statali (TV e radio nazionale) sotto il suo controllo. “Il governo polacco agisce come Putin è stata l’accusa immediatamente  lanciata da Schultz, il presidente del Parlamento europeo, il quale ha accusato  le autorità polacche di “infrangere i valori comuni europei”, dei quali lui si sente il custode. Il governo polacco ha dovuto rispondere anche agli attacchi provenienti da Berlino che hanno minaccato di introdurre sanzioni a carico della Polonia e di sottomettere gli atti del governo polacco ad una “supervisione” da parte delle autorità di Bruxelles.

Significativa la risposta inviata tramite lettera dal ministro della Giustizia della Polonia al Commissario europeo per l’economia digitale e la società dell’informazione, Günther Oettinger, Ziobro, riferendosi all’affermazione del commissario europeo sulla necessità di una “supervisione” sulla Polonia dopo le modifiche alla legge sui mass media, affermava “è il modo peggiore per far associare i polacchi. Io sono nipote di un ufficiale polacco che, durante la seconda guerra mondiale ha combattuto nell’esercito clandestino polacco contro la ‘Supervisione tedesca’”, sottolineando che in Europa ci sono questioni ben più importanti, come l’immigrazione ed il terrorismo, di cui la Commissione Europea si occupa troppo poco.

La polemica è proseguita con un “botta e risposta” da parte di Varsavia  contro Bruxelles e Berlino (il vero arbitro dell’Unione) a cui è seguita la minaccia lanciata dalla Commissione Europea di “Sospendere il diritto di voto della Polonia”, una misura mai adottata in passato e gravemente lesiva del diritto di uno Stato membro dell’Unione.

Per una strana coincidenza, proprio ai tedeschi, saliti in cattedra a dare “lezioni di democrazia” a Varsavia, è occorsa la figuraccia degli episodi di Colonia e del silenzio imbarazzato dei loro media per 4/5 giorni prima di informare l’opinione pubblica sulla gravità dei fatti avvenuti. Situazione duramente stigmatizzata dalla stampa polacca.

La posizione polacca è fortemente sostenuta dall’Ungheria di Orban, oggetto in passato di attacchi  similari fatti dalla Commissione Europea per il rifiuto del governo di Budapest di allinearsi alle direttive di Bruxelles su varie questioni, da quelle economiche a quelle più strettamente politiche (sanzioni alla Russia) ed alle stesse politiche sull’immigrazione.  Se si considerano anche le forti rimostranze in materia di immigrazione presentate anche dai governi di Praga (Repubblica Ceka) e dalla Slovacchia, si può ben dire che l’Unione Europea inizia a franare ad Est.

Per quello che riguarda le misure che si riferiscono all’accentramento dei media, si vede molto chiaramente l’applicazione di un doppio standard da parte della Commissione Europea, in particolare verso l’Italia che avrebbe dovuto essere il primo paese sanzionato per il controllo governativo esercitato  sulla RAI, oltretutto basata sul finanziamento a mezzo  canone pubblico, senza parlare del finanziamento statale all’editoria (leggi ai giornali del sistema) che rende giornalisti ed editorialisti delle principali testate tutti servilmente allineati alle politiche governative e filo europeiste, con spot pubblitari “pro eurocrazia” di Bruxelles, trasmessi dalle reti RAI ed i TG che diffondono i bollettini propagandistici del Governo. In questo caso nessuno fra gli esponenti di Bruxelles è saltato su ad accusare il Governo italiano di “infrangere i valori comuni europei” di libertà di informazione e quant’altro.

Si comprende che la Commissione Europea si muove soltanto a comando a difendere le libertà di stampa e di informazione quando questa si discosta dai paramentri previsti del “Pensiero Unico professato a Bruxelles ed a Berlino. I veri “padroni del vapore in una Unione Europea che mostra le sue crepe sempre più profonde giorno dopo giorno.

di Luciano Lago

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