Bambini e donne incinte ai lavori forzati, è bufera sul Tonno Mareblu

Vai sull’homepage e la prima cosa che trovi non è un tonno. E nemmeno un gambero. Ma un banner azzurro, in bell’evidenza. E sopra una scritta: “Mareblu e la sostenibilità”. Ci clicchi sopra e arrivi sulla pagina del codice etico: “Mareblu è un’azienda che considera la sostenibilità come il modo di fare impresa nel mercato del tonno in scatola. La”sostenibilità è un termine “capiente”. Dentro può starci di tutto, dal rispetto per l’ambiente a quello per i diritti dei lavoratori. E nei cinque punti del codice etico di Mareblu si trovano in effetti molti impegni assunti dall’azienda: dalla trasparenza sui prodotti alla salvaguardia delle specie a rischio, alla tracciabilità del tonno. Scopro inoltre che Mareblu ha sottoscritto un impegno con Greenpeace: “Tonno sostenibile al 100% entro il 2016”. Un obiettivo che sembra però lontano, lontanissimo: è ancora allo 0,2% secondo l’ultimo report dell’associazione ambientalista . E vabbè.

Ma c’è di più. Ieri sera, sulla pagina Facebook di Greenpeace Italia, spunta un post:

“Il colosso mondiale dell’industria ittica Thai Union, proprietario in Italia di Mareblu, è coinvolto in uno scandalo sul lavoro forzato e minorile. Storie drammatiche, come quella di una donna che dopo aver abortito sul lavoro è stata costretta a continuare a lavorare nonostante l’emorragia. I fatti riguardano la filiera di produzione dei gamberi destinati al mercato americano, ma le aziende coinvolte vendevano anche in Europa e in Italia. Che garanzie abbiamo sui nostri prodotti?

I prodotti dellaThai Union tra cui il tonno Mareblu

Tutto nasce da una denuncia dell’Associated Press che accusa il colosso alimentare Thai Union, il più grande produttore di tonno in scatola del mondo, di ricorrere a fornitori che schiavizzano donne e bambini. Le testimonianze raccolte tra i bambini-schiavi di uno stabilimento poco fuori Bangkok sono agghiaccianti: costretti a pelare gamberetti per sedici ore al giorno, anche se ammalati, sotto la minaccia della violenza, spesso picchiati o privati del cibo o del sonno. Per non parlare delle donne: costrette ad abortire nel capannone dello stabilimento e subito riportate a lavoro con l’emorragia addosso.

mareblu

Wu Win (nella foto sotto) racconta di esser stata costretta a lavorare durante la gravidanza per saldare il suo debito di 20 bath: “Ho provato a scappare ma sono stata catturata e ammanettata in una piccola stanza all’interno del capannone dei gamberetti”

amma

Thai Union, dal canto suo, ha immediatamente replicato alle denunce dell’Associated Press: “Le pratiche di lavoro illegali o non etiche sono inaccettabili a Thai Union”, ha detto l’amministratore delegato Thiraphong Chansiri, impegnandosi a non avvalersi più dei fornitori coinvolti nello scandalo.

Ma è tardi. Sul web,da ieri sera, monta l’indignazione: migliaia di utenti promettono di boicottare il tonno Mareblu.

boicott

 

 

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