Conferenza di Parigi sul clima, 5 cose da sapere

La Conferenza sul clima di Parigi (COP21) è iniziata, il presidente François Hollande ha spiegato che questo evento “porterà speranza e della solidarietà”, gli ha fatto eco Barack Obama: “Bisogna agire ora, mettendo da parte gli interessi di breve termine. Siamo l’ultima generazione a poter salvare il pianeta” . Ma perché è così importante la Conferenza di Parigi?

Ho provato a riassumere le cinque cose che dovete sapere su COP21 e perché è così importante.

1. Che cos’è COP21 e chi ci sarà?

La COP21, conosciuta anche come la Conferenza di Parigi 2015 sul Clima, per la prima volta in oltre 20 anni di negoziati delle Nazioni Unite, mira a raggiungere un accordo giuridicamente vincolante e universale sul clima, con l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale sotto i 2 °C . La Conferenza si tiene a Parigi in questi giorni e fino all’11 dicembre.

COP21 sta per la Conferenza delle Parti, che è un incontro annuale composto dai 195 membri che hanno aderito alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), entrata in vigore nel 1994. La conferenza vede la partecipazione di leader e primi ministri di tutti i governi del mondo. Costoro hanno il mandato di firmare un contratto vincolante per conto dei loro paesi. Sono presenti anche importanti multinazionali e le organizzazioni non governative. Dall’Italia più di 200 aziende con sede nel nostro paese hanno firmato e consegnato al ministro dell’ambiente Galletti (tra queste ERG Renew, Poste Italiane, Terna, Gse, Barilla, Carlsberg, BioChemtex, Ferrovie dello Stato, Novamont, Philips Italia, Unilever Italia e L’Oréal Italia) un appello nel quale si chiede una normativa che agevoli le iniziative per fronteggiare i cambiamenti climatici e la richiesta che a Parigi vengano adottati target vincolanti.

La conferenza stanzierà 100 miliardi di dollari in fondi per aiutare le nazioni a contribuire alla riduzione delle emissioni. L’attuale accordo si esaurisce tra 5 anni e molti degli obiettivi non sono stati raggiunti. COP21 è un’opportunità per i paesi di impostare un accordo di lungo termine.

2. L’esito di questa conferenza potrà effettivamente influenzare la vita delle persone, nelle comunità di tutto il mondo?

Gli effetti dei cambiamenti climatici saranno subiti dai cittadini di tutto il mondo, in molti modi diversi. Tuttavia, i cambiamenti climatici colpiscono soprattutto le popolazioni più povere. La Banca Mondiale ha riferito che entro il 2030, 100 milioni di persone potrebbero essere costrette in condizioni di estrema povertà a causa dei cambiamenti climatici. Quando la temperatura media globale aumenterà porterà a una scarsità d’acqua che diminuirà i terreni coltivabili, questo spingerà i poveri a soffrire ancora più povertà. E causerà massicce migrazioni dalle regioni del sud a quelle del nord. Provate ad immaginare con quali effetti…

Il cambiamento climatico aggrava anche problemi esistenti, come le catastrofi naturali legate al clima, scarsità di risorse naturali, migrazioni e spostamenti, che colpiscono le persone di tutto il mondo. Affrontare questi problemi ora alla conferenza di Parigi è necessario, per essere in grado di lavorare verso gli obiettivi globali (OSS) e realizzare un futuro più sostenibile per le persone e il pianeta. Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile sono un accordo globale per sradicare la povertà estrema e di affrontare il caos climatico entro il 2030. La conferenza di Parigi è una parte fondamentale di questa tabella di marcia per il mondo verso il raggiungimento di questi obiettivi. In questo modo, i cambiamenti climatici e lo sviluppo internazionale sono intrinsecamente legati.

obiettivi-sviluppo-sostenibile[1]

In parole povere: la lotta contro gli effetti del cambiamento climatico può salvare vite umane e proteggere il pianeta per le prossime generazioni.

3. Se il cambiamento climatico è così importante perché non abbiamo già fatto un accordo?

Gli accordi sono stati fatti in passato, ma il problema sta nel rendere questi accordi legalmente vincolanti.

La strada per Parigi, ha avuto diverse tappe finora:

Il primo accordo importante sul cambiamento climatico c’è stato al vertice 1992 a Rio de Janeiro, che ha istituito la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC). La conferenza obbligava i governi ad agire per combattere il cambiamento climatico, ma non è riuscita a nominare le azioni specifiche e le relative sanzioni a chi non ottemperava. Un accordo troppo “aperto” con l’unico vantaggio di aver messo questo argomento per la prima volta al centro della politica mondiale.

L’accordo successivo, arrivato nel 1997, è stato più importante: il Protocollo di Kyoto.

Questo Protocollo impegnava i Paesi sottoscrittori (le Parti) ad una riduzione quantitativa delle proprie emissioni di gas ad effetto serra (i gas climalteranti, che riscaldano il clima terrestre) rispetto ai propri livelli di emissione del 1990 (baseline), in percentuale diversa da Stato a Stato: per fare questo le Parti sono tenute a realizzare un sistema nazionale di monitoraggio delle emissioni ed assorbimenti di gas ad effetto serra. L’intento era ridurre del 5,2% il livello mondiale delle emissioni entro il 2012, ma questo impegno ha vacillato quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di ratificare l’accordo. Senza gli Stati Uniti, il Protocollo di Kyoto non è entrato in vigore fino a quando non ha firmato la Russia, nel 2004, ma oramai era stato già indebolito.

Il protocollo di Kyoto non ha posto alcun obiettivo ai paesi in via di sviluppo, consentendogli di aumentare le loro emissioni in modo sfrenato, un problema importate in paesi come la Cina.

Il Bali Road Map è venuto nel 2007 e ha istituito il quadro di base per un accordo più approfondito da raggiungere al COP15 di Copenhagen due anni dopo.

A Copenaghen, le nazioni hanno deciso di istituire un impegno di cooperazione internazionale per raccogliere 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 per aiutare le nazioni in via di sviluppo ad adeguarsi ai cambiamenti climatici.

L’Unione Europea, su spinta dei partiti verdi, ha proposto una strategia molto ambiziosa da realizzare entro il 2020, il progetto “20-20-20”, che comportava un calo delle emissioni del 20% rispetto ai livelli del 1990, un aumento dell’energia derivante da fonti rinnovabili tale da coprire il 20% del fabbisogno energetico interno dell’UE; una riduzione del 20% del consumo di energia grazie a misure dirette a renderlo più efficiente. Tanto gli Stati Uniti, poco inclini ad assumere standard così elevati, quanto Cina e Brasile, che non avrebbero accettato vincoli pari a quelli dei Paesi Industrializzati , si opposero alla proposta europea.

20-20-20[1]

Proprio sul filo di lana venne approvato “l’Accordo di Copenhagen”: un documento in 12 punti, senza alcuna efficacia vincolante, il cui scopo è quello di limitare a 2 gradi l’aumento della temperatura media mondiale ma che elimina il riferimento al taglio del 50% per il 2050.

4. Che cosa si prevede di ottenere da questa conferenza?

Un trattato internazionale, giuridicamente vincolante per i governi, sul loro impegno nell’affrontare il cambiamento climatico.

Uno dei temi fondamentali nel percorso verso l’accordo di Parigi sono i cosiddetti INDCs (Intended Nationally Determined Contributions) ovvero i propri impegni che ciascun Stato Membro dichiara di voler inserire all’interno del futuro accordo.

Sono impegni che i paesi responsabili di oltre l’80 per cento delle emissioni hanno dichiarato di rispettare per ridurre la loro Carbon footprint prima della COP21.

Tuttavia, questi non sono impegni giuridici, ma solo indicazioni di intenzioni.

L’obiettivo di Parigi sarà quello di cercare di ottenere un trattato giuridicamente vincolante che garantisca a questi impegni di giungere a buon fine.

Si prevede che l’accordo raggiunto a COP21 entrerà in vigore nel 2020, l’anno in cui tutti gli impegni attuali sul gas serra scadranno.

L’obiettivo della COP21 quindi, oltre a raggiungere questo accordo legalmente vincolante per implementare soluzioni attuali ai cambiamenti climatici, è quello di varare un piano di aiuti per l’adeguamento agli effetti del riscaldamento globale in corso, contemporaneamente continuando a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra.

Alcuni punti chiave della COP21:

A che punto siamo:

Le ultime proiezioni degli scienziati prevedono l’aumento medio della temperatura globale tra 3,7 e 4,8 ℃ entro il 2100.
Al fine di raggiungere l’obiettivo fissato di “soli” 2 ℃, le emissioni devono essere ridotte del 40-70 % entro il 2050. Il risultato previsto dalla Conferenza di Parigi è quello di stabilire un accordo vincolante per mettere nazioni in cammino verso quell’obiettivo.

Dove stiamo andando:

La Conferenza dovrà fare ulteriore pressione sulle nazioni partecipanti perché riconoscano il loro impatto sull’ambiente, pubblicando i loro sforzi nazionali per combattere il cambiamento climatico, al fine di garantire come ogni nazione sta contribuendo questa battaglia.

Qual è il piano:

Sappiamo già quali sono gli impegni dei maggiori responsabili delle emissioni. L’UE taglierà le proprie emissioni del 40%, rispetto ai livelli del 1990, entro il 2030. Gli Stati Uniti ridurranno le loro emissioni dal 26% al 28%, rispetto ai livelli del 2005, entro il 2025. La Cina ha stimato che il suo picco di emissioni di CO2 sarà raggiunto “attorno al 2030” e imputa ai paesi più sviluppati le conseguenze maggiori dei cambiamenti. In parole povere vuole prima raggiungere i livelli di inquinamento degli altri paesi, per poi ragionare sui provvedimenti sui quali impegnarsi.

Qual è il futuro:

Per mettere questo in azione, l’accordo raggiunto in sede di Conferenza sul clima di Parigi sarà facilitata dalla Agenda di soluzioni dopo la conferenza. La “Solutions Agenda” è un’organizzazione nata dal vertice sul clima di New York nel 2014, al fine di favorire lo scambio di informazioni tra le nazioni e l’adozione di misure concrete per affrontare il cambiamento climatico. E non è composta solo dai governi del mondo, ma anche ONG, aziende e multinazionali, enti locali. L’organizzazione mira a incoraggiare un maggior parti interessate a impegnarsi per combattere il cambiamento climatico, evidenziando le iniziative e le soluzioni proposte in un duplice obiettivo di incentivazione e di dimostrazione.

5. Qual è il ruolo dell’Italia e come possono i cittadini italiani essere coinvolti?

Il grande Alexander Langer, aveva sempre sostenuto che la conversione ecologica o è desiderabile o perde. Per questo è importante presentare i dati sui cambiamenti climatici fornendo sempre una soluzione.

Il governo italiano, in verità, non ha fatto granché, al di là di parole altisonanti.

L’Italia potrebbe fare la sua parte se:
Approvasse una strategia per il clima che fissi gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, col relativo Piano di azioni, secondo una prospettiva che assuma sul serio gli obiettivi europei, per l’interesse che ha il nostro Paese a ridurre importazioni e consumi di fonti fossili in tutti i settori strategici e a intrecciare obiettivi economici, industriali e sociali.

Realizzasse con scelte concrete la just transition verso un’economia low carbon. Dall’edilizia all’industria, dall’agricoltura ai trasporti, occorre spingere con forza un’innovazione trasversale ai diversi settori che permetta di ridurre i consumi energetici e le emissioni, aiutando così le famiglie e le imprese. Un nuovo modello economico sostenibile si basa su un’economia circolare, che permette di tenere assieme gli obiettivi di tutela e corretta gestione delle risorse, di recupero, riciclo e riuso delle materie, fondamentale in un Paese storicamente importatore come l’Italia. Il primo segnale che va mandato subito riguarda la radicale modifica della bozza di decreto sulle rinnovabili elettriche non fotovoltaiche. Il secondo riguarda l’attuazione di quanto prevedono la direttiva sull’efficienza energetica e lo stesso decreto attuativo, sbloccando finalmente il fondo per gli investimenti e introducendo regole chiare per i controlli in edilizia, nell’interesse dei cittadini.

Fermasse completamente i sussidi alle fonti fossili e alle trivellazioni di petrolio e gas come sancito dall’ultimo G7 in Germania. Occorre cancellare tutti i sussidi diretti e indiretti alle fonti fossili che ancora esistono in Italia nelle bollette elettriche, nell’autotrasporto, nelle politiche industriali. Ma il governo Renzi deve anche cambiare strada rispetto alle scelte realizzate negli ultimi anni di via libera alle trivellazioni petrolifere, in Italia e nel Mediterraneo.

Investisse sul dissesto idrogeologico, adattando il territorio ai cambiamenti climatici. Dopo la definitiva approvazione della strategia nazionale di adattamento, occorre passare dalle parole ai fatti con politiche di rafforzamento della resilienza dei territori rispetto ai fenomeni meteorologici estremi, di messa in sicurezza delle città dagli impatti e i danni che sempre più spesso si determinano, di manutenzione del territorio e di riduzione del rischio, di valorizzazione del ruolo dell’agricoltura. In questa direzione, attraverso la chiave dell’adattamento, deve realizzarsi subito la revisione dei progetti contro il dissesto idrogeologico.

Bloccasse la cementificazione. Negli ultimi anni il consumo di suolo in Italia è cresciuto a una media di 8 metri quadrati al secondo e la serie storica dimostra che si tratta di un processo che dal 1956 non conosce battute d’arresto. Ogni 5 mesi viene cementificata una superficie pari a quella del comune di Napoli e ogni anno una pari alla somma di quella di Milano e Firenze. Questo incredibile consumo del territorio non solo è altamente penalizzante per l’ambiente e l’ecosistema, ma anche inutile: con l’incremento di più di 2°C delle temperature del pianeta molte delle costruzioni, soprattutto nell’alto Adriatico, nelle Marche e in alcune zone tirreniche toscane e laziali, saranno sommerse completamente dall’acqua.

COp21

Ma ecco un elenco di azioni concrete che ciascuno di noi può fare per rispondere alla sfida dei cambiamenti climatici:

1. Spegnere le luci quando non siete a casa, in ufficio, in classe

2. Riciclare i rifiuti a casa, ma anche a scuola

Puoi risparmiare una tonnellata di anidride carbonica ogni anno se inizi a riciclare i rifiuti che generi

(tipicamente carta, vetro, lattine ed imballaggi di plastica).

3. Riciclare i rifiuti organici

Circa il 3% delle emissioni dei gas serra sono rilasciate attraverso la decomposizione dei rifiuti

biodegradabili. Riciclando l’organico (o compostandolo), si può contribuire ad alleviare questo

problema.

4. Usare la carta riciclata o con marchi FSC

Si potranno così risparmiare 15 alberi ogni tonnellata di carta riciclata utilizzata al posto della carta

vergine.

5. Usare la carta fronte e retro

6. Non lasciare le apparecchiature elettriche in stand‐by

Usa il bottone di spegnimento presente sull’apparecchio. Un televisore acceso per 3 ore al

giorno (il tempo che gli europei passano in media davanti alla TV) e lasciato in stand‐by per

le rimanenti 21 ore, usa circa il 40% dell’energia nella modalità stand‐by.

7. Acquista solo apparecchiature ad alta efficienza energetica

Scegli pc e stampanti in modo che appartengano alla Classe A (consulta la banca dati

Energy Star).

8. Usare i diffusori a risparmio energetico per i rubinetti

Sia in bagno che in cucina. Sempre grazie agli incentivi statali, non sarà difficile trovare

aziende che regalano diffusori a risparmio energetico. Con un diffusore risparmi non solo

acqua, ma anche energia quando l’acqua è calda (ne usi di meno).

9. Produrre meno rifiuti

Evitare i contenitori usa e getta (comprese stoviglie in mensa).

10. A casa e nella mensa scolastica: Acquistare alimenti prodotti localmente

Gli ingredienti di un pasto in Europa viaggiano mediamente per oltre 1.200 km prima di arrivare sul

tuo piatto. Acquistare frutta, verdura, carne e pesce prodotti nelle vicinanze della tua città

aiuteranno a risparmiare sul carburante e faranno girare l’economia nella tua comunità.

11. A casa e nella mensa scolastica: Comprare prodotti freschi invece dei surgelati

I surgelati richiedono circa 10 volte più energia dei cibi freschi per essere confezionati.

12. Fai meno chilometri in macchina: usa la bici o i trasporti pubblici

Evitando un tragitto di 10 km al giorno in auto per 5 giorni a settimana, puoi eliminare fino a 8

tonnellate di anidride carbonica all’anno! Usa i trasporti pubblici o vai in bici o a piedi (ci guadagni

anche in salute).

13. Piantare un albero

Un solo albero assorbe mediamente una tonnellata di anidride carbonica nel suo ciclo

vitale. E rinfrescandoti all’ombra degli alberi potrai ridurre le spese per l’aria condizionata

dal 10 al 15%.

(Vademecum tratto da QUI)
(Articolo ispirato a QUESTO POST)

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