Tutti i numeri della rivoluzione: 15 milioni di italiani hanno cambiato voto

di Bruno Poggi

Hanno perso tutti. Il dato più evidente che emerge dalla competizione elettorale svoltasi il 24 e 25 Febbraio 2013 è che, ad eccezione naturalmente del Movimento 5 Stelle, tutti i partiti hanno perso voti rispetto alle precedenti elezioni politiche. La tabella seguente seguente mostra il calo in termini percentuali:

Comparazione dei voti in percentuale dei partiti
alle elezioni politiche del 2008 e quelle del 2013-02-28
2008 2013 Diff %
PD 33,18 25,42 – 7,76
IdV + Sinistra Arcobaleno (*) 7,45 5,45 – 2,00
Sel + Rivoluzione Civile
PdL 37,38 21,56 – 15,82
Lega Nord 8,30 4,08 – 4,22
UdC 5,62 1,78 – 3,84
Destra 2,43 0,64 – 1,79

Ancora più significativa è la tabella seguente, che mostra la variazione (sia in valori assoluti che in percentuale) dei voti realmente espressi.

 Comparazione dei voti in valori assoluti dei partiti
alle elezioni politiche del 2008 e quelle del 2013-02-28

 

2008 2013 Diff V.A. Diff.%
PD 12.095.306 8.644.523 – 3.450.783 – 28,5
IdV + Sinistra Arcobaleno (*) 2.718.322 1.854.597 – 863.725 – 31,8
Sel + Rivoluzione Civile
PdL 13.629.464 7.332.972 – 6.296.492 – 46,2
Lega Nord 3.024.543 1.390.014 – 1.634.529 – 54,0
UdC 2.050.569 608.210 – 1.442.359 – 70,3
Destra 884.961 219.769 – 665.192 – 75,1
Totale 34.403.165 20.050.085 -14.353.080 -41,7
(*) Nel 2008 Vendola faceva parte della Sinistra Arcobaleno mentre Di Pietro, che nel 2013 faceva parte di Rivoluzione Civile di Ingroia, aveva una propria lista apparentata con il PD. Abbiamo quindi ritenuto più realistico comparare i dati sommando IdV e Sinistra Arcobaleno per il 2008 e SeL e Rivoluzione Civile per il 2013 senza tenere conto che i primi erano apparentati col PD e i secondi no.

Come si vede, il partito che ha avuto il calo maggiore in termini di numero di voti è quello di Berlusconi, che ha perso oltre sei milioni di voti, cioè quasi la metà dell’elettorato. Risultato analogo ha avuto la Lega Nord (-54,0%), mentre i partiti di sinistra hanno un calo medio intorno al 30% (-28,5% il PD, -31,8% la sinistra radicale). Il calo maggiore in termini percentuali lo ha avuto l’UdC che ha perso 7 elettori su 10 e soprattutto La Destra di Storace (che, ricordiamolo, è rimasto fuori dal Parlamento), che ha perso i tre quarti del suo elettorato.

La portata rivoluzionaria di questa tornata elettorale è testimoniata dal fatto che oltre 4 elettori su 10 ha cambiato il proprio voto (alcuni magari rifugiandosi nell’astensione) pari a 14.353.080 persone. I partiti che non erano presenti nel 2008 e che hanno ottenuto un risultato significativo sono due: la Lista Civica di Monti (2.824.065 voti) e soprattutto il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo (8.689.458 voti). Se a questi due partiti si somma il dato di coloro che si sono astenuti a quest’ultima tornata elettorale, e che invece hanno votato nel 2008 (ovvero 2.603.028 elettori), otteniamo la somma di 14.116.551 persone.

Ma in che proporzione si sono distribuiti gli elettori? Per capirlo abbiamo effettuato un’analisi dei flussi elettorali nelle recenti elezioni operando un confronto fra le elezioni per la Camera dei deputati del 2008 e del 2013. Per chi vuole approfondire la metodologia di calcolo dei flussi elettorali rimandiamo all’Appendice statistica al termine del presente articolo. La prossima tabella evidenzia graficamente i flussi di voto tra i partiti:


Come appare evidente dal grafico il PD cede la quasi totalità dei suoi elettori in uscita al M5S di Grillo (il 95%) mentre il partito di Berlusconi ha uno spettro più ampio: il 49% degli ex elettori PdL vota M5S, il 15% Monti, il 4% altri e quasi un terzo (il 32%) si rifugia nell’astensione (la stragrande maggioranza di coloro che in questa tornata non si sono recati alle urne proviene dalle fila del centro-destra). Però il dato è ingannevole, per la buona ragione che il PdL ha perso numericamente molti più voti del PD. Se trasformiamo queste percentuali in valori assoluti, si scopre che il partito di Bersani ha ceduto al quello di Grillo circa 3.280.000 e quello di Berlusconi diecimila in meno: 3.270.000. Se a questi aggiungiamo quelli in uscita dalla Lega che, soprattutto in Veneto e Piemonte, hanno dato la preferenza al M5S, scopriamo che dei quasi 9 milioni di elettori del partito di Grillo oltre la metà proviene da elettori che alle precedenti elezioni avevano votato per partiti del centro-destra. Siamo sicuri che appoggerebbero un governo con il Partito Democratico?

 

APPENDICE STATISTICA

L’analisi statistica dei flussi elettorali è una disciplina che si è sviluppata a partire dagli studi del Goodman per poi giungere a modelli di elevata complessità statistica. Il problema tipico che ci si pone di fronte a questi studi è la possibilità di inferire il comportamento dei singoli individui dall’osservazione dei comportamenti dei gruppi, un problema, appunto, d’inferenza ecologica. Nel caso dei flussi elettorali l’intuizione di Goodman fu che essi possono essere descritti da una funzione lineare. Detto cioè Pi(a) il risultato del partito Pi nell’anno a, il risultato del medesimo partito, o di altri, nell’anno b può essere così descritto dal punto di vista matematico: Pi(b) = Gi1P1(a)+…..GinPn(a). Il problema quindi si risolve nella ricerca dei coefficienti Gij di una matrice i cui marginali di riga e di colonna non sono altro che i risultati dei partiti negli anni b e a. Dato quindi un qualsiasi territorio lo si suddivide in più parti e si raccolgono i dati a livello di queste celle di territorio, tipicamente le sezioni elettorali, per poi utilizzarli per un fit multilineare volto al calcolo dei coefficienti Gij. Questo modello, semplice e potente, si basa su due assunzioni. La prima è che la popolazione della cella osservata non vari tra gli anni a e b, l’altra è che i coefficienti Gij siano gli stessi in ogni cella del territorio.
Nel nostro caso vengono stimati per singole città sulla base dei risultati delle sezioni elettorali. Si tratta di stime statistiche, e quindi di misure affette da un certo margine di incertezza. In questa occasione il margine di incertezza è più elevato del solito, come si spiega nella nota in appendice. Si tenga quindi presente che i dati che seguono costituiscono delle mere stime di tendenza. Le nostre analisi sono effettuate «su elettori» e non «su voti validi», al fine di poter includere nel computo anche gli interscambi con l’area del non-voto (astenuti, voti non validi, schede bianche).

Indubbiamente il primo interrogativo che si pone in queste elezioni è quello relativo all’origine dei voti al Movimento 5 stelle. Naturalmente i contributi maggiori vengono dai partiti maggiori, per cui occorrerà essere molto cauti nell’interpretazione politica di questi dati. Nella maggioranza delle città considerate il principale tributario è rappresentato dal Partito democratico. Questo vale soprattutto nel Centro-nord: il flusso maggiore al M5s viene dal Pd a Torino, Brescia, Bologna, Firenze, Ancona (unica eccezione Padova col flusso dalla Lega); lo stesso vale per Napoli, ma non vale per le altre due città del Sud analizzate, Reggio Calabria e Catania. Il secondo contributo importante al M5s viene dalla Lega, soprattutto nelle zone “bianche”: a Brescia il 30 % di coloro che hanno votato M5s è rappresentato da persone che avevano votato LN nel 2008, e questa percentuale è ancora superiore a Padova (quasi la metà dei voti al M5s è di ex votanti Lega).

 

Fonte

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