
“Vendendo prodotti contaminati da sostanze chimiche pericolose, le marche piu’ famose del fashion ci stanno trasformando in vittime inconsapevoli della moda che inquina. Le sostanze trovate da Greenpeace, infatti, contribuiscono all’inquinamento dei corsi d’acqua in tutto il mondo, sia durante la produzione che nel lavaggio domestico” – spiega Li Yifang, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Asia orientale. Per ogni marca, uno o piu’ articoli analizzati contengono NPE (composti nonilfenoloetossilati) che possono rilasciare i corrispondenti nonilfenoli, pericolosi perche’ in grado di alterare il sistema ormonale dell’uomo.
I livelli piu’ alti, superiori a 1ppm, sono stati trovati per i marchi Zara, Metersbonwe, Levi’s, C & A, Mango, Calvin Klein, Jack & Jones e Marks & Spencer (M & S). Per Zara, inoltre, quattro dei capi analizzati risultano contaminati da alti livelli di ftalati tossici, e altri due presentano tracce di un’ammina cancerogena derivante dai coloranti azoici. “In qualita’ di piu’ grande rivenditore al mondo di abbigliamento, Zara deve adottare con urgenza un piano ambizioso e trasparente per eliminare le sostanze tossiche dalle sue filiere di produzione” – afferma Martin Hojsik, coordinatore della campagna Detox di Greenpeace International. Greenpeace chiede ai marchi dell’abbigliamento di impegnarsi ad azzerare l’utilizzo di tutte le sostanze chimiche pericolose entro il 2020 – come gia’ hanno fatto alcuni importanti marchi tra cui H&M e M&S – e di imporre ai loro fornitori di rivelare alle comunita’ locali i valori di tutte le sostanze chimiche tossiche rilasciate nelle acque dai loro impianti.
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