Istat: la produttività italiana è ferma dal 1992

Siamo fermi dal 1992. A dirlo è l’Istat, che ha pubblicato l’aggiornamento delle serie storiche 1992-2011 sulla produttività, che è cresciuta in vent’anni di un misero 0,5 per cento. Un quadro impietoso figlio di scelte imprenditoriali sbagliate e di una politica che, nel migliore dei casi, era impegnata a fare altro.

Completamente fermi dal 1992. A delineare impietosamente il quadro della produttività italiana è l’Istat, l’istituto nazionale di statistica, nell’aggiornamento delle serie delle misure di produttività per il periodo 1992-2011. Per produttività l’ente guidato da Enrico Giovannini intende: «Il rapporto tra il valore aggiunto in volume e uno o più dei fattori produttivi impiegati per realizzarlo». In base a questa unità di misura è possibile calcolare la produttività totale, ovvero il «rapporto tra il valore aggiunto e l’impiego complessivo dei servizi del capitale e del lavoro».

 

Nel 2011, spiega l’Istat, «il valore aggiunto ha mostrato una crescita dello 0,7% rispetto al 2010; la produttività del lavoro, calcolata come valore aggiunto per ora lavorata, è cresciuta dello 0,3%; quella del capitale, misurata come rapporto tra il valore aggiunto e l’input di capitale, è aumentata dello 0,7%». Con riferimento al periodo 1992-2011, invece «la produttività del lavoro è aumentata ad un tasso medio annuo dello 0,9%. Tale incremento è la risultante di una crescita media dell’1,1% del valore aggiunto e dello 0,2% delle ore lavorate. La produttività totale dei fattori è salita dello 0,5%». E dunque è praticamente nulla rispetto agli altri Paesi europei (vedi contenuto correlato in pagina).

Infine, conclude l’Istat, «la crescita complessiva del valore aggiunto registrata tra il 1992 e il 2011 (+1,1% medio annuo) è imputabile in misura simile all’accumulazione di capitale e all’aumento della produttività totale dei fattori (rispettivamente, per 0,6 e 0,5 punti percentuali). Il contributo del fattore lavoro è stato limitato (+0,1 punti percentuali)». E dire che i lavoratori italiani, per numero di ore complessive, battono di gran lunga quelli tedeschi.

Fonte: linkiesta.it

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