A settembre il debito pubblico ha sfiorato la soglia dei 2 mila miliardi, registrando l’ennesimo record negativo. La disoccupazione è aumentata, il potere d’acquisto delle famiglie è notevolmente diminuito, la spesa pubblica (nonostante i proclami e gli innumerevoli esercizi di spending review) è lungi dall’invertire la sua spirale di crescita, così come mostra il tendenziale per il 2013.
Da ultimo, lo spread tra i titoli italiani e quelli tedeschi naviga costantemente in acque pericolose, segnale che i mercati non credono all’efficacia delle nostre politiche di risanamento.
PERCHÉ I MERCATI CI SERVONO
Si dirà: chi se ne frega dei mercati, non possiamo vivere in costante crisi e vittime di una quotidiana ossessione contabile che ci accompagna dal mattino a notte fonda.
In effetti dovrebbe essere così, peccato però che quei mercati contro cui anche affermati economisti (da ultimo Jean Paul Fitoussi) rivolgono i propri strali, sono quelli cui ricorriamo con sempre maggior insistenza per rifinanziare quel debito pubblico che da soli non siamo in grado di abbattere.
Dispiace per la indubbia serietà di molti dei suoi componenti – in primis quella del premier che lo guida – ma l’azione del governo tecnico che da un anno si è insediato a Palazzo Chigi non ha sortito gli obiettivi che avevano giustificato il mandato.
IL RIGORE CHE UCCIDE LA RIPRESA
La considerazione è ancora più frustrante se si guarda alla scarsissima efficacia dei duri provvedimenti di rigore messi in atto dall’esecutivo, a cominciare dall’inasprimento della pressione fiscale (diretta e indiretta) che basta da sola a uccidere sul nascere ogni ambizione di ripresa.
In questi casi la consapevolezza dell’inefficacia della propria azione si accompagna con il moltiplicarsi di proclami e dichiarazioni di intenti: anche Mario Monti e i suoi ministri non hanno fatto eccezione.
UNA SOVRAESPOSIZIONE MEDIATICA
Doveva essere il governo della sobrietà, anche e soprattutto nella sua esposizione mediatica. Ha finito per darsi un’esagerata visibilità, con un presenzialismo che fa il paio con quello delle precedenti stagioni politiche.
E più i ministri e il premier cercano di mettersi in mostra, più aumenta il divario che separa le dichiarazioni dai fatti, la propaganda dalle iniziative concrete, le enunciazioni dai risultati.
TORNANO LE VECCHIE LOGICHE
La conseguenza è una sorta di stallo, una terra di nessuno oramai permeabile al ritorno delle vecchie logiche partitocratiche cui il governo, specie adesso che siamo alla vigilia di una delicatissima tornata elettorale, sembra aver ceduto le armi.
Così molti ministri si guardano intorno per vedere in quale schieramento potranno confluire dopo essersi spogliati della casacca di tecnici, mentre in qualcuno di loro è spuntata la tentazione vittimista di addossare all’azione di ostruzione dei partiti la pochezza dei risultati ottenuti.
CRISI ECONOMICA E CRISI SOCIALE
Intanto il presidente Giorgio Napolitano è rimasto l’unico a perseguire con rabbiosa determinazione l’obiettivo di una riforma elettorale (ma il tempo è ormai scaduto) che consenta al Professore di proseguire l’azione di governo.
Monti giustifica alcune scelte affrettate e gli errori dicendo di non aver avuto alternative poiché, al momento del suo insediamento, il Paese era sull’orlo del default.
A noi pare, modestamente, che lo sia anche oggi. Con in più una frantumazione e un incattivimento del tessuto sociale di cui gli scontri di piazza di questi giorni sembrano essere solo il preludio. Con una pericolosa escalation che gli indicatori economici già portano scritta nei numeri.
di Paolo Madron
Fonte: lettera43.it
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