Primi effetti del MoVimento dei Cittadini!

1- AIUTO! BEPPE GRILLO VOLA NEI SONDAGGI E FA PAURA AI SINISTRATI BERSANI E VENDOLA

«Abbiamo in giro molti apprendisti stregoni che sollevano un vento cattivo». Lo afferma il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, in un’intervista a Tgcom24 Bersani parla dell’antipolitica diffusa. «Se c’è qualcuno che pensa di stare al riparo dall’antipolitica si sbaglia alla grande. Se non la contrastiamo, spazza via tutti». L’esternazione di Bersani potrebbe far anche riferimento ad un sondaggio Swg che dà il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo al 7,2% nazionale nelle intenzioni di voto degli italiani. «Siamo nei guai» dice Bersani.

VENDOLA – «Beppe Grillo è un fenomeno di populismo che non ha le caratteristiche per offrire una prospettiva al nostro paese. Considero il populismo un nemico. Quando sono crollati la democrazia e i partiti negli anni ’30, il populismo ha fatto nascere un’avventura drammatica. I regimi reazionari sono stati alimentati dalle culture populistiche. Il nostro problema è ricostruire la democrazia, la credibilità delle forme organizzate per fare politica».

Anche il presidente di Sel, Nichi Vendola, commenta a Sky TG24 il fenomeno Grillo. «Ci sono delle involuzioni nel discorso pubblico di Grillo che colgo con preoccupazione, alcune battute che sembrano in stile leghista, una mescolanza di argomenti – ha osservato Vendola – di estrema sinistra ed estrema destra e questo me lo rende un fenomeno tutt’ora da decifrare e guardare con attenzione ma è un fenomeno inquietante. Oggi la malattia della cattiva politica si cura con la partecipazione, con la cultura e con la democrazia».

 

Corriere.it

 

2 – BEPPE GRILLO: OBIETTIVO TERZO PARTITO – IL MOVIMENTO DEL COMICO VOLA NEI SONDAGGI: “NEL 2013 IN PARLAMENTO”

Secondo l’ultimo sondaggio di Swg il ‘non partito’ di Beppe Grillo supera il 7 per cento delle intenzioni di voto. Facile dunque, salvo cataclismi, prevedere un’infornata di consiglieri alle prossime amministrative e qualche decina di parlamentari nel 2013

“Noi abbiamo già perso, è questa la nostra fortuna”. Così parlò Beppe Grillo ad Ancona a fianco del ‘suo’ candidato sindaco. Era il dicembre 2008. Un secolo fa. L’ex comico, come non di rado gli accade, ha cambiato idea: “Il 10-12 per cento che sembrava il nostro punto d’arrivo – ha detto il 12 aprile – oramai non basta più. Se non spostano la data delle elezioni e il Movimento riuscirà a intercettare anche quel 40 per cento che non va più a votare, prenderemo il 25-30 per cento e andremo al governo”. Al governo.

Forse Grillo esagera, ma sondaggi alla mano (dopo “il comitato d’affari Pdl-Pdmenoelle”, come amano dire) l’obiettivo terza forza del Paese – sondaggi alla mano, per quel che valgono – sembra alla portata: secondo l’ultima rilevazione Swg il Movimento 5 Stelle supera il 7 per cento delle intenzioni di voto. Poco, pochissimo per le schiere di sostenitori appassionati che ingolfano le bacheche di Facebook (l’autentica agorà del grillismo) con numeri in doppia cifra. Anche loro forse ottimisti, ma in fondo è già successo. Il Movimento è già stato terzo alle regionali dell’Emilia Romagna del 2010 (7 per cento), in Piemonte (4 per cento), e alle amministrative del 2011 a Bologna (9,5 per cento) e Torino (5,4 per cento). In alcune città come Rimini la soglia della doppia cifra è già stata superata. Facile dunque, salvo cataclismi, prevedere un’infornata di consiglieri alle prossime amministrative e qualche decina di parlamentari nel 2013.

Sarà il battesimo del fuoco per un movimento pieno di buone energie ‘dal basso’ però dominato da un leader incontrastato (nonostante il mantra dell’uno vale uno) la cui cifra politica si misura su un linguaggio che a molti ricorda un certo leghismo della prima ora. Ad altri anche peggio. I ‘grillini’ sono forse già milioni. Un popolo che, se saprà anche superare l’accusa che taluni gli rivolgono di una certa ‘supponenza’ nel sentirsi il solo puro in un mondo di infetti, potrà essere credibile.

Ecco un breve abbecedario del ‘Movimento-pensiero’.

Ambiente. E’ la stella polare del Movimento. Acqua pubblica, energia pulita, rifiuti zero, mobilità sostenibile, lotta alla cementificazione sono i temi centrali. Un tempo li avrebbero classificati ‘Verdi’. Oggi sono qualcosa di diverso.

Bene comune. La cifra ideale (per qualcuno ideologica) del grillismo. Per l’idea di comunità, un tempo, li avrebbero classificati ‘di sinistra’. Ecco perché il Pd è il nemico numero uno.

Carriera. Il grillismo è figlio (anche) della decadenza della casta. Nel Movimento – dicono – non si fa carriera. Due mandati e poi a casa.

Denaro. I soldi sono una specie di ossessione. Non all’accumulo, ma al risparmio. Popolare in tempi di crisi.

Europa. Dei banchieri e non dei Popoli. I politici sono ‘marionette delle banche’, in Italia la responsabilità è del trio ‘Prodi-Draghi-Monti’. Un tempo sarebbero stati di destra.

Finanziamento pubblico. Da sopprimere senza se e senza ma. Per i partiti e per la stampa. All’informazione basta la Rete.

Giornalisti. Mai fidarsi. La stampa è sempre contro, l’informazione sempre inquinata e dominata dai gruppi editoriali. All’informazione basta la Rete, i giornali sono roba vecchia. Eppure sono sempre nel mirino.

Leader. ‘Il cancro della democrazia’. Ma non manca chi pensa che “Beppe ha sempre ragione”.

Monti. Nell’agosto 2011 Grillo vedeva di buon occhio un governo tecnico. Oggi il professore è ‘Rigor Montis’, consulente di Goldman Sachs messo da Napolitano al governo “in combutta” con le banche europee. E tanto basta.

Nemici. Tutti e nessuno: “Non ce l’abbiamo con qualcuno in particolare – dice Davide Bono, capogruppo M5S in Piemonte – sono anche loro, a loro insaputa, vittime del sistema.

Organizzazione. Nessuna sede, niente sezioni. L’agorà del Movimento è la Rete. Ognuno può dire la sua. E nei limiti del possibile viene ascoltato.

Partiti. Vedi alla voce leader. Devono essere annientati e restituire ai cittadini i miliardi di euro drenati grazie alle leggi sui rimborsi elettorali.

Rimborsi elettorali. Il Movimento rifiuta i rimborsi elettorali, considerati ‘refurtiva’. I consiglieri regionali e comunali eletti trattengono per sé una quota di stipendio (2.500 euro al mese in Piemonte), il resto confluisce in un conto corrente separato.

Sinistra. In Piemonte nel 2010 Mercedes Bresso perse le elezioni per poco più di 9 mila voti, un decimo dei voti del M5S. Idem in Molise un anno dopo. In entrambi i casi si disse che Grillo aveva regalato le regioni alla destra. Fumo negli occhi per il Movimento.

Tav. Il palazzo d’inverno. Sempre in prima fila in Val di Susa contro l’opera inutile. E contro la magistratura se si mette di traverso.

Umorismo. (senso del). Sanno ridere degli altri. Ancora poco di se stessi. C’è tanta passione, ma anche conformismo. Su certi temi è vietato sgarrare. Altrimenti sei fuori.

Vaffanculo. Catartico e per tutti. “Un consiglio turistico – dice Grillo – non un insulto”.

di Stefano Caselli per Il Fatto

 

3- DALL’UOMO QUALUNQUE AL SATIRO ARRABBIATO

 

E così, secondo Swg il terzo partito italiano sarebbe quello fondato da Beppe Grillo. C’è qualcosa che si ripete in questo movimento tellurico profondo, ancora una volta, nella storia dell’Italia repubblicana. E insieme c’è qualcosa di assolutamente nuovo e inedito. C’è, nei sondaggi che segnalano una avanzata tumultuosa del Movimento Cinque stelle una sorpresa che non è una sorpresa, perché sempre i media e i commentatori non hanno mai capito da dove arrivava la novità elettorale, il ruggito di protesta, l’invenzione che scompiglia le carte sulla scena.

È successo tante volte, e accade ancora, ma la storia si ripete con caratteristiche assolutamente originali: nel momento della sua massima forza, il movimento Cinque stelle sta affrontando la sua prima vera crisi di crescita. Si trova a un bivio fra il salto di qualità e la precipitazione nelle spinte centrifughe.

Nel primo dopoguerra il movimento di Guglielmo Giannini, l’Uomo Qualunque, sorprese tutti conquistando un clamoroso 5,3% nelle lezioni del 1946. Partiti con una classe dirigente di prim’ordine, che avevano scritto la Costituzione e giocato un ruolo da protagonista nella Resistenza, come il partito d’Azione, si dissolvevano per mancanza di elettori, e i qualunquisti, invece, con il loro giornale strillato, e le loro parole d’ordine scarlatte, conquistavano un milione 200 mila voti.

Pescavano consensi a destra e a sinistra, fondavano l’archetipo della critica alla “partitocrazia”, ma alla fine si sgonfiavano sul nodo cruciale della scelta fra destra e sinistra. Nel 1972 l’onda della protesta gonfiò a soppressa, e per una sola stagione, le vele del Movimento sociale, che arrivò a un clamoroso 9,00% al Senato (8.6% alla Camera) raddoppiando i voti della elezioni del 1978. Così come rapidamente erano arrivati, quei consensi – all’insegna del celebre “Boia chi molla” – quasi si dimezzarono, solo quattro anni più tardi, dopo una scissione (quella di Democrazia Nazionale) che aveva portato via la maggior parte delle rappresentanze parlamentari.

Anche le diaspore a sinistra produssero sorprese. Nel 1976 tutti pensavano che la grande sorpresa arrivasse dal cartello della sinistra radicale raccolto sotto il pugno di Democrazia Proletaria. Anche qui c’era un giornale di riferimento – “il manifesto” – anche qui una grande delusione: i tre movimenti insieme presero appena l’1,5 malgrado la grande visibilità mediatica, e il legame con i movimenti. E Gianfranco Pajetta commentò con feroce sarcasmo: “Si sono dovuti mettere insieme in tre per fare un prefisso telefonico”. Era la soddisfazione del partito istituzione che vede fallire l’assalto dei contestatori.

L’altra grande sorpresa della storia politica italiana, ovviamente non prevista nemmeno in questo caso fu – nel 1992 – la valanga elettorale della Lega Nord di Umberto Bossi. Nelle elezioni precedenti aveva preso solo uno striminzito 0.48%, ma in quell’anno, in cui tutti gli analisti pronosticavano una inesistente “Onda Lunga” del garofano di Bettino Craxi – Bossi e i suoi raggiunsero un incredibile 8.6% e ben 55 deputati.

Ancora non se ne era accorto nessuno, ma era finita la Prima Repubblica: “I barbari – come scrisse Giampaolo Pansa – hanno fatto cadere l’impero”. Nel 1994 la sinistra esaltava la sua “gioiosa macchina da guerra” e la valanga della sorpresa elettorale prese la via del partito di plastica di Silvio Berlusconi sulle ali degli spot martellanti e dei cieli azzurrini. Alle europee 1999, senza che nessuno ci avesse scommesso una lira (tranne loro che vendettero le frequenze della loro radio per finanziare la campagna elettorale) i radicali conquistarono il loro massimo storico con la famosa Lista Bonino: 8.46% dei voti e 5 deputati. Solo un anno dopo, alle Regionali quel consenso si dimezzava, per non tornare più.

Ma a ben vedere i segnali anticipatori non mancano mai. Per i Radicali fu la campagna Bonino presidente. Per il movimento dei grillini i pesantissimi risultati delle elezioni regionali in Piemonte ed Emilia Romagna dove oggi ci sono 53 consiglieri comunali e due regionali del movimento. Anche questa volta il consenso del movimento è trasversale. Anche questa volta c’è il successo di un organo di informazione del Terzo millennio, il blog di Grillo. Anche questa volta nel partito convivono un leader carismatico, lo stesso Grillo, e un numero due organizzativo che tesse le fila dietro le quinte, Gianroberto Casaleggio.

E quando il movimento ha iniziato a essere determinante, anche il più postmoderno dei movimenti politici ha iniziato a dividersi. Le polemiche sono deflagrate. E proprio nella regione dove si era toccato il massimo dei consensi, l’Emilia. Andrea De Franceschi, consigliere regionale viene crocifisso sul tema cruciale dei rimborsi elettorali. Poi un altro consigliere emiliano, Giovanni Favia, forse il più efficace dei comunicatori mediatici, viene fatto oggetto di attacchi via web che lo accusano, nientemeno di “Berlusconismo”.

Il terzo scossone è l’espulsione di Valentino Tavolazzi consigliere comunale a Ferrara, accusato di voler “partitizzare” il movimento. Poi, Maurizio Pallante economista, scrive il programma dei grillini sui temi dell’energia, ignorando il dibattito accesissimo sul web. E poi se ne va pure lui. La rivoluzione divora i suoi figli. Il carisma indiscutibile di Grillo talvolta diventa autocrazia.

Così il grillismo, se si divide fra il sacerdote Casaleggio e gli eletti, rischia di implodere sul filo del suo traguardo: il trionfale ingresso in Parlamento. Se riesce il salto dalla web-democrazia alla rappresentanza, le Cinque stelle non saranno una meteora, e lasceranno un segno nella storia italiana.

 

di Luca Telese per Il Fatto

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