Presto anche gli italiani saranno come i cinesi. Grazie Mario!

«L’Italia vede nella Cina un’importantissimo partner strategico e intende rafforzare il più possibile la già ottima collaborazione». Con queste parole il premier Mario Monti ha salutato la delegazione cinese guidata dal primo ministro Wen Jiabao, nella sala dell’assemblea del popolo a Pechino. «Quella di oggi è un’occasione preziosa per approfondire la conoscenza delle rispettive posizioni e per sviluppare nuovi modi di collaborazione bilaterlali e multilaterali con la grande Repubblica cinese», ha aggiunto il presidente del Consiglio.

«Sono convinto che l’Italia riuscirà ad affrontare lo scenario internazionale e a realizzare nuova crescita economica attraverso le riforme». È l’auspicio espresso dal premier cinese Wen Jiabao al presidente del consiglio Mario Monti, in apertura dei colloqui presso l’Assemblea Nazionale del Popolo di Pechino. Auspicando un confronto «franco e approfondito» Wen ha quindi sottolineato come «l’economia dell’Italia, paese esportatore con una grande industria manifatturiera, sia dotata di basi solide e di grandi potenzialità».

«Il suo viaggio in Cina – ha aggiunto – ha un significato molto importante per rafforzare l’amicizia e la cooperazione» bilaterale «e favorirà la conoscenza dei paesi asiatici sull’Italia e sull’Europa». Da parte sua Monti, accolto con gli onori di solito riservati a un capo di Stato, ha parlato di una «occasione preziosa per approfondire la conoscenza delle rispettive posizioni e per sviluppare nuovi modi di collaborazione sia bilaterale che in diversi contesti multilaterali».

Quello con Wen è il primo appuntamento della seconda giornata del premier nella capitale cinese: nel pomeriggio infatti Monti visiterà la Scuola Centrale del Partito dove rerrà un intervento su «Italia, Europa e Cina in transizione».

Monti, durante una conferenza alla scuola centrale del partito comunista di Pechino torna ad indossare i panni del professore per fare un’analisi dei motivi che hanno generato la crisi. Sollecitato da una domanda in proposito, il presidente del Comnsiglio riconosce che «in parte» quella europea è una crisi del capitalismo.

«Vengono un pò i brividi a dire questo nella scuola del partito comunista cinese, ma ormai siamo tutti liberi da pregiudi ideologci», aggiunge il professore. «Credo che il sistema ÿcapitalistico come principio di organizzazione delle attività economiche abbia molti, molti, molti punti di vantaggio, comprovati dalla storia, rispetto al sistema all’epoca instaurato nell’Unione sovietica», premette subito.

«Tuttavia – aggiunge -credo anche che ogni sistema riesca a mantenersi nel tempo e a evolvere e migliorare se tenuto sotto pressione da qualche sfida competitiva: il sistema capitalistico era tenuto sotto pressione fino all’89, ma poi è stato il sistema dominante.

Io credo che abbia vinto il migliore, ma quando il migliore è diventato monopolista si è un pò rilassato e certamente negli anni novanta e nel primo decennio di questo secolo il pendolo storico ha visto un eccessivo predominio dell’impresa, del capitale a scapito dei poteri pubblici e del lavoro, della deregolazione a scapito della regoalzione e così via..».

«Quindi, in parte, andiamo alla crisi del sistema capitalistico non perchè ce ne sia uno migliore ma perchè non si è fatta la necessaria manutenzione disciplinante», è la sua conclusione.

 

 

La Stampa.it

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