Nove mesi per impugnarli: addio a tutti gli usi impropri
Nelle promesse sarà un’ecatombe. Quella dei contratti atipici, secondo le promesse del governo. A cui a quanto pare gli imprenditori italiani dovranno rassegnarsi a dire addio, con le 46 forme di atipicità spesso camuffate per avvantaggliare l’impresa. Il governo traduce la flessibilità “buona” sfoltendo la giungla dei contratti ad otto tipologie essenziali e si impegna a disincentivare e sanzionare gli «utilizzi impropri».
Con l’obiettivo – si legge nella proposta di riforma – di «rendere più dinamico il mercato del lavoro», soprattutto per le «fasce svantaggiate», come i giovani, «contrastando al contempo la precarizzazione». Scrive Repubblica in un articolo a firma di Valentina Conte:
Il contratto a termine costerà di più (escluso quello di sostituzione), ma l’aggravio sarà recuperato se il datore assumerà il lavoratore a tempo indeterminato. Il meccanismo bonus/malus («premio di stabilizzazione») si attiverà con un rialzo dell’aliquota contributiva pari all’1,4% (2,7% totale) che andrà a finanziare il nuovo ammortizzatore, l’Aspi (assicurazione sociale per l’impiego). Per limitare gli abusi, aumenterà l’intervallo temporale tra un contratto e l’altro. E sarà eliminato il termine risicato di 60 giorni dalla scadenza entro cui manifestare al datore la volontà di impugnare il contratto ritenuto illegittimo, riducendo però da 330 a 270 giorni (9 mesi) il termine per l’azione in giudizio
Anche l’apprendistato cambia radicalmente:
Sarà «il canale privilegiato di accesso dei giovani al mondo del lavoro» (15-29 anni), così come previsto dal nuovo Testo unico del 2011 che dovrà essere implementato da Regioni e parti sociali entro il 25 aprile. In arrivo, però, alcuni correttivi. Il datore potrà assumere nuovi apprendisti solo dimostrando di averne confermati una certa percentuale nel passato recente. Ci sarà una durata minima. La figura «ambigua» del referente aziendale verrà eliminata e il tutore sarà obbligatorio. La registrazione della formazione sarà sostituita da una dichiarazione del datore, in attesa del “libretto formativo”. Il nuovo “contributo di licenziamento” si applicherà anche agli apprendisti.
Anche il co.co.pro. subirà profonde riforme:
Il tentativo è quello di restringere l’uso dei co.co.pro., spesso lavoro subordinato mascherato, introducendo disincentivi normativi e contributivi. In pratica, la definizione del “progetto” dovrà essere più stringente e specifico. L’attività del collaboratore sarà assimilata a quella del dipendente («presunzione relativa») se svolta con modalità analoghe. Non sarà più possibile inserire clausole individuali nei contratti che consentono il recesso prima della scadenza o del completamento del progetto anche senza giusta causa. Il contratto potrà essere chiuso solo per giusta causa, incapacità professionale, cessazione dell’attività cui il progetto è inerente.
E infine, le partite Iva:
Se la collaborazione professionale, autonoma e occasionale (partite Iva), dura più di 6 mesi nell’arco di un anno, il lavoratore ne ricava più del 75% del fatturato e comporta l’uso di una postazione di lavoro presso il committente, si presume, salvo prova contraria a carico del datore, che quel rapporto di lavoro è di fatto “coordinato e continuativo”. L’eventuale accertamento giudiziale comporterà automaticamente la conversione del rapporto in subordinato a tempo indeterminato, come avviene per i co.co.pro. «privi di un progetto specifico». Escluse le collaborazioni di professionisti iscritti ad albi e saranno rivisti modalità e requisiti per aprire una partita Iva.
Dipocheparole
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