Qual è il delitto perfetto? Quello che neppure appare come delitto? Quello di cui non si scopre l’autore? Il senatore “nominato” del Partito Democratico Luigi Lusi, avvocato penalista, ha sottratto 13 milioni di euro – diconsi: 25 miliardi 171 milioni e 510 mila di vecchie lire, una montagna di denaro pubblico rubato al popolo e reciclato sotto forma di rimborso per le spese elettorali alla cosca di Rutelli – dal tesoretto della ex Margherita di cui è stato fidato tesoriere.
Appropriazione indebita. Questo il reato per il quale il senatore, un fedelissimo dell’ex liquidatore margheritino Francesco Rutelli (Api), è stato iscritto nel registro degli indagati della Procura di Roma. L’inchiesta ha avuto inizio su segnalazione di Bankitalia. L’ex tesoriere della Margherita (dal 22 maggio 2002 al 25 gennaio 2012), interrogato, ha ammesso l’accusa che gli viene mossa, impegnandosi a restituire il maltolto. Genuino, puro e cristallino talento.
Il Robin Hood del Pd decide quindi di patteggiare la pena “chiedendo” senza vergogna 1 anno di reclusione (già perchè in Italia chi ruba ha ancora il diritto di poter chiedere quanta pena scontare), richiesta però che viene rigettata dal Tribunale. Il 6 febbraio, il Pd espelle all’unanimità Lusi dal partito perchè incompatibile con i principi ispiratori dello stesso Pd. Dall’inchiesta emerge che TTT srl, destinataria dei 12 milioni 961 mila euro, è una società direttamente riconducibile a Luigi Lusi. Tra i beneficiari dei finanziamenti elargiti figurerebbe anche il sindaco rottame di Firenze Matteo Renzi (Pd, ex democristiano) che ammette di aver ricevuto solo un appoggio politico.
In tre anni (dal 2008 al 2011), com’è possibile che nessuno, a cominciare da Rutelli e Bersani, abbia mai avuto sentore delle spericolate operazioni finanziarie che Lusi faceva sul conto del partito? Rutelli, che addirittura si dice “incazzato e addolorato” per quanto è successo, vorrebbe far credere che, pur essendo cointestario di un conto dove ci sono depositati la bellezza di 30 milioni di euro, non si è mai preoccupato di controllare perchè – dice – si fidava ciecamente. Bersani, candidamente, annunciava invece che se venivano accertate responsabilità individuali, il Pd avrebbe preso provvedimenti, ovvero la sospensione dal partito, che è stata decisa solo quando la posizione del ladrone, in seguito alla sua piena confessione, era diventata ormai indifendibile. Abbiamo quindi ragione di ritenere che Lusi abbia rubato ai ladri, come Robin Hood rubava ai ricchi. Con l’aggravante che Luigi Lusi, compagno di merende della cosca Rutelli e della cosca Bersani, non ha dato ai poveri ma allo studio di architettura di sua moglie Pina (in Canada), e soprattutto a sè stesso.
Luigi Lusi – come sempre accade ai parlamentari che rubano – non si è dimesso. Dopo giorni di assenza, il senatore indagato per appropriazione indebita è tornato a Palazzo Madama. È stata la moglie a incoraggiarlo, a chiedergli di «rientrare a testa alta». Radiato dal Pd e fresco di ingresso nella terra di mezzo del gruppo Misto, è andato a sedersi in prima fila, davanti alla banda del Pdl. Una coincidenza.
Il 31 ottobre 2009, Francesco Rutelli, lasciando il Partito Democratico – “Il Pd non è mai nato” – in un’intervista al Corriere della Sera, disse: «Sì, in trent’anni mi onoro di aver aderito ai radicali, ai Verdi, alla Margherita. E allora?».
Quando tornerete a votare, ricordatevi di loro, e lasciateli a casa…
Tratto da ilgraffionews
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