Mediobanca, ecco chi resta al comando!

Ma quant’è stretta la porta d’ingresso nei salotti buoni della finanza italiana, pur ammaccata in tempi di crisi. Ne sanno qualcosa due tra i (pochi) emergenti dell’economia di casa nostra: Diego Della Valle, patron delle scarpe Tod’s, uno dei pochissimi che non viene colto dal panico ogni volta che dà uno sguardo alle quotazioni dei suoi titoli. E

Logica vorrebbe che in Mediobanca si stendessero tappeti rossi per accogliere in consiglio il vulcanico Della Valle. E’ stato lui, quasi omonimo di don Diego de la Vega (in arte Zorro), a sfidare e costringere al ritiro dalle Generali Cesare Geronzi, contrastato dai manager di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel in testa. Per giunta mister Tod’s, che continua a macinare utili, è tra i pochi in questi tempi grami che accompagna le sue richieste con quattrini veri.

Ad agosto ha aumentato la sua quota in Mediobanca così come s’è detto disponibile a salire in Rcs, cosa che ha dato assai fastidio a Giovanni Bazoli e Giampiero Pesenti. Forse sta anche in questi due nomi una delle chiavi che hanno chiuso, per ora, la serratura del consiglio di Mediobanca a mister Tod’s: ieri la riunione del patto ha confermato i rappresentanti precedenti.

Certo, all’apparenza la ragione della mancata cooptazione sta nelle resistenze di Jonella Ligresti, nel board per conto di Fonsai. L’uscita dai vertici di Mediobanca, il pilastro delle fortune di papà Salvatore fin dai tempi di Enrico Cuccia, avrebbe avuto il sapore della resa per la famiglia, salvata in extremis da Unicredit. Di qui il passo indietro di Della Valle: non volevo sostituire Jonella, ha detto.

Ma mister Tod’s frequenta da troppo tempo le segrete stanze per non capire che la resistenza a farlo entrare nel consiglio più nobile va al di là dei sentimenti della famiglia Ligresti. In ambienti finanziari si accredita l’ipotesi che Alberto Nagel si sia speso non poco per assecondare la candidatura di Della Valle, riscuotendo l’attenzione di Marco Tronchetti Provera. Ma gli altri, Carlo Pesenti in testa, non hanno nascosto lo scetticismo per l’attivismo dell’ad. Come dire: almeno i nostri rappresentanti li scegliamo noi.

E così l’imprenditore marchigiano, che in Generali s’è rivelato un consigliere arrembante, anche troppo per i gusti di un capitalismo che predica flessibilità ma solo in casa altrui, è rimasto sull’uscio. Poco male, la vera porta da aprire, se non da sfondare, resta quella di Rcs.

Da “Il Foglio”

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