Pensioni, ecco cosa cambia per le donne

Anticipato al 2014 l’aumento graduale dell’età. Tutti i dati

Il Corriere della Sera, in un articolo a firma di Francesca Basso, spiega quali saranno gli effetti della norma sulle pensioni contenuta nella manovra:

Per le donne nate nel 1951 non cambierà nulla, la pensione di vecchiaia arriverà a 60 anni. Ma le signore che ora hanno 54 anni saranno le prime a confrontarsi con la nuova misura del governo che fa partire dal 2014, nel settore privato, l’adeguamento graduale dell’età pensionabile delle donne a quello degli uomini: i 65 anni di età. Per le impiegate nel pubblico il nuovo requisito entrerà in vigore già dal 1˚ gennaio prossimo, la decisione risale alla scorsa estate. Ma per il settore privato c’è stata un’accelerazione a partire dal decreto di luglio. Inizialmente era stato stabilito che l’innalzamento dell’età pensionabile rosa cominciasse nel 2020.

 Ecco i cambiamenti rispetto a luglio:

Nella manovra-bis del 13 agosto si ipotizzò di far salire gradualmente l’età a partire dal 2016 per arrivare al completamento della riforma nel 2028. In questo caso veniva stimato un ulteriore risparmio: 112 milioni nel 2017, 320 milioni nel 2018, 565 milioni nel 2019, 1,2 miliardi nel 2020, 1,8 miliardi nel 2021. A questo punto, con la norma decisa ieri, questi risparmi verranno anticipati già al 2015. Ma «i provvedimenti si mescolano», fa presente Sergio Sorgi, vicepresidente di Progetica, perché bisognerà tenere conto anche degli adeguamenti periodici alla speranza di vita stimati dall’Istat. Nel 2026, anno di completamento del passaggio a 65 anni stabilito ieri, una donna per andare in pensione dovrà avere 67 anni e 3 mesi nello scenario peggiore, oppure 65 anni e 9 mesi in quello più ottimistico.

A voler poi guardare il futuro delle giovani trentenni, il momento del ritiro dal lavoro si allontana di molto:

La pensione di vecchiaia arriverà a 70 anni e 9 mesi (ritiro previsto, dunque, nel 2046). Certo, l’età non è l’unico parametro per calcolare il momento dell’addio al lavoro. C’è il sistema delle quote che regola il pensionamento di anzianità. Attualmente e fino a tutto il 2012 si può lasciare l’impiego con quota 96, avendo cioè 36 anni di contributi e 60 di età oppure 35 di contributi e 61 di età (per gli autonomi la quota è 97). Mentre dal 2013 la quota salirà a 97 per i dipendenti (36 anni di contributi più 61 anni di età oppure 35+62) e 98 per gli autonomi. L’innalzamento dell’età pensionabile per le donne avrà inevitabilmente una ricaduta sociale. «Ogni provvedimento che tocca il Welfare — sottolinea Sorgi —ha un impatto sulla società. E poiché ormai le donne non sono solo madri ma hanno anche il ruolo di accudire i genitori anziani, tale decisione avrà un peso notevole».

Nel pubblico l’equiparazione partirà già del 2012 ed è il risultato del pressing europeo:

 Il 3 giugno di un anno fa, infatti, la Commissione europea invitò con una dura lettera il governo italiano a rendere immediatamente operativa la sentenza del 2008 che imponeva l’equiparazione previdenziale tra uomo e donna. Ma «la richiesta europea — obietta Sorgi — era di non discriminare le donne sul lavoro e questo sarebbe stato possibile rendendo flessibile l’età pensionabile ». A questo punto, l’iter per uniformare i requisiti tra uomini e donne per ritirarsi dal lavoro è avviato: il punto d’arrivo per le pensioni di vecchiaia sarà 65 anni a cui dovrà essere aggiunto l’incremento legato alla speranza di vita.

Dario Ferri

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