Era il 19 giugno a Pontida. La Lega Nord distribuiva a manifestanti e giornalisti un volantino con «i fatti in tempi certi». Una serie di diktat, con tanto di precise scadenze, che Berlusconi avrebbe dovuto rispettare se voleva mantenere l’appoggio del Carroccio. Non è stato ottenuto nulla, o quasi. Dopo la riunione di oggi il Senatùr dovrà cedere anche sulle pensioni?
La Pontida 2011 era tra le più attese degli ultimi anni. Dopo il doppio ko, per la maggioranza di governo, alle elezioni amministrative e ai referendum ci si aspettavano segnali importanti.
Il più concreto era stato un preciso scadenziario consegnato al governo, di cui per ora sembra essere stata ottenuta solo la sforbiciata ai militari all’estero (800 soldati e 120 milioni in meno all’anno per le missioni di pace). Per il resto, ben poco è stato raccolto.
Entro 15 giorni (ovvero entro il 3 luglio) doveva essere approvato in Consiglio dei Ministri (il Parlamento avrebbe poi avuto altri 15 mesi di tempo) il dimezzamento del numero dei parlamentari e l’istituzione del Senato federale. Entro un mese (19 luglio) dovevano essere approvate misure per la riduzione delle bollette energetiche, si doveva iniziare la procedura per l’abolizione completa delle «ganasce fiscali», si dovevano attribuire nuove forme di autonomia alle regioni, si doveva rifinanziare il trasporto pubblico locale, doveva essere rivisto il patto di stabilità…
Allora si parlò di “penultimatum”.
Oggi a Bossi sembra essere rimasto solo un tema: «Le pensioni non si toccano».
Dovrà cedere anche su quello?
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