Rinunciate allo sciopero del 6 settembre. Aspettate che si svolga il dibattito sulla manovra in Parlamento, che il Pd combatta – lancia in resta – per modificarla. Conservate lo sciopero generale come «arma finale», tentando di recuperare l’unità con gli altri due sindacati, Cisl e Uil: avrà, in quel caso, una forza ben diversa, sarà una battaglia convincente, forse vincente.
Il messaggio (le parole sono queste, possono cambiare le sfumature) è per Susanna Camusso e per gli altri massimi dirigenti Cgil. I mittenti sono, per ora, tre deputati quarantenni del Partito democratico, Stefano Esposito, Antonio Misiani e Antonio Boccuzzi, ma l’ambizione è che il documento porti molte altre firme. Il piemontese Esposito, già Ds, sostenitore di Veltroni e poi di Bersani, sta scrivendo il testo e dice: «Chiederemo l’adesione a Cofferati. La chiederemo a Chiamparino. E a Nicola Zingaretti». Zingaretti, presidente della Provincia di Roma, è considerato il naturale futuro leader del partito dai giovani della tradizione ex comunista.
«Non ora» e «Noi non ci saremo» sono gli slogan di questa iniziativa, che tiene aperta una ferita dentro il Pd. Bersani martedì ha riunito le forze sociali e ha messo l’accento soprattutto sull’importanza dell’accordo fra Confindustria e Cgil-Cisl-Uil del 28 giugno. Per salvare quell’accordo e quindi l’unità dei sindacati, ha chiesto dunque al governo di togliere dalla manovra l’articolo 8, il «cavallo di Troia» che permetterà i licenziamenti impediti dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Poi, Bersani ha manifestato «rispetto» per le scelte sindacali, confermando che il collateralismo fra partito di massa e principale sindacato è tramontato da tempo. Però ha affermato che il partito «sarà presente in tutte le manifestazioni di chi critica la manovra». Vale a dire: il Pd sarà in piazza, il 6 settembre. Senza troppo entusiasmo, a quel che pare. Spiega Stefano Fassina, responsabile Economia del partito: «In questa fase lo sciopero rischia di non essere lo strumento più utile». Interpreta Esposito: «Nel partito il sentimento sembra: lo sciopero è sbagliato, ma non si può dire».
Esposito si dichiara d’accordo nella sostanza con la «contromanovra» proposta da Bersani. Il «manifesto» che sta preparando, dunque, «non deve essere utilizzato per la battaglia interna al partito, per l’assalto al segretario». A causa di questo non sarà offerto alla firma di tutti quegli ex esponenti della Margherita, ai cattolici democratici che si stanno esprimendo, anche loro, contro lo sciopero Cgil. No quindi a Fioroni, che ha chiamato lo sciopero «assurdo», no a Marini, che ha criticato l’«autosufficienza» della Cgil, no a D’Antoni, a Boccia, a Merlo, D’Ubaldo.
Esposito di mestiere fa il funzionario della Prefettura ed è iscritto alla Cgil. Misiani è tesoriere del partito e ha una storia nel Pds. Boccuzzi è sopravvissuto alla tragedia della Thyssen Krupp di Torino, era sindacalista Uil. Sono quarantenni, di sinistra e non intendono confondersi neanche con i «rottamatori». Chiedere di firmare il documento a Matteo Renzi? «Magari dopo il primo giro…», dice Esposito. E Civati, la Serracchiani? «Direi di no». Walter Veltroni? «No, no…». Poi spiega meglio: «Noi pensiamo che gli antichi e autorevoli dirigenti del Pd non diranno mai: adesso tocca a voi. Pensiamo che la classe dirigente nuova si forma nelle battaglie. Come questa, per il rinvio dello sciopero Cgil».
Andrea Garibaldi
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