ItaliaCrac! – Zapatero si è dimesso, il Portogallo alle corde… Grecia in coma…

L’Italia crolla: la Borsa di Milano perde quasi il 4 per cento, i nostri titoli di Stato vengono venduti in massa. Dopo il disastroso andamento dei mercati nonostante il varo in fretta e furia della manovra da 47,9 miliardi di euro e il piano europeo di salvataggio della Grecia, ieri è arrivata la reazione all’accordo sul debito Usa. Che non ha scatenato alcun tripudio in Borsa, bensì una tiepida ripresa che si è trasformata in nuovo bagno di sangue non appena è arrivata un pretesto, quello del deludente dato sulla produzione manifatturiera americana.

Il termometro della febbre italiana, lo spread tra i nostri titoli di Stato e il bund tedesco, è rapidamente schizzato verso l’alto segnando un nuovo record dalla nascita dell’euro: 355 punti. L’ennesimo spunto negativo ha infatti accentuato la tendenza negativa per i titoli considerati più rischiosi, premiando gli altri. E così i nostri Btp, Buoni del Tesoro poliennali, venduti a piene mani hanno segnato picchi di rendimento a ridosso della fatale soglia del 6 per cento proprio mentre i bund si apprezzavano considerevolmente, al punto che per convincere gli investitori a comprare i nostri Btp Tremonti dovrà offrire alle prossime aste il 3,51 per cento in più rispetto a quanto fa la Germania.

Non è andata meglio in Borsa, dove in un solo pomeriggio sono stati bruciati 14,9 miliardi di euro per un calo del 3,63 per cento dell’indice All Share e del 3,87 dell’indice Mib. La capitalizzazione di Piazza Affari, che ha nuovamente conquistato il triste primato di maglia nera di un’Europa in grande difficoltà, è tornata così al di sotto dei 400 miliardi. A guidare la caduta sono state ancora una volta le banche, che hanno pagato proprio la tensione che si è evidenziata sul mercato obbligazionario.

Del resto, come ha ricordato ieri Citigroup, i nostri istituti di credito già provati dalle nuove regole internazionali sul patrimonio, sono i più esposti verso il debito italiano, con Intesa Sanpaolo che detiene circa 54 miliardi di titoli di Stato e che ieri ha registrato un tonfo del 7,8 per cento, Unicredit 43 miliardi (-4,3 per cento) e Ubi 10 miliardi (-7,95 per cento). Non è andata meglio alle altre, con il Banco Popolare e Bpm che hanno perso rispettivamente il 7,49 e il 5,3 per cento e che insieme a Ubi hanno più che dimezzato il loro valore di Borsa rispetto ai massimi di febbraio.

A terra anche Mps (-7,87 per cento), mentre tra gli assicurativi spicca il -9,1 per cento di FonSai. Seduta da dimenticare anche per gli industriali come Fiat (-3,77 per cento) e Fiat Industrial (-3,3 per cento) nel giorno dei dati sulle immatricolazioni auto in Italia. “Fra noi e la speculazione non rimane più nessuno – ha commentato all’Agi l’economista Giacomo Vaciago – Non possiamo più dire che la colpa è degli Stati Uniti e di Obama noi parliamo soltanto ma non abbiamo risolto nessun problema, anzi abbiamo rinviato gran parte della manovra al 2013-2014 e i mercati non ci credono. Quindi il problema rimane. Nel frattempo abbiamo anche indebolito il ministro dell’Economia”.

Secondo Vaciago, l’Italia è rimasta praticamente sola nella lista dei paesi a rischio. “Fino a poco tempo fa – ha ricordato – c’erano anche la Spagna e il Portogallo. Ma la mossa di Zapatero rimuove l’incertezza, sfilando Madrid dalla fila. Nessuno spara più su uno che sta uscendo. Il Portogallo poi è in corsia di soccorso, quindi ci si concentra sull’Italia: c’è il pericolo che nel mese di agosto sparino su di noi perché siamo diventati i primi della fila”.

Ieri in serata hanno quindi cominciato a circolare indiscrezioni da Bruxelles secondo le quali Roma, assieme a Madrid, potrebbe essere esentata dalla partecipazione al secondo piano di aiuti alla Grecia, proprio a causa delle difficoltà finanziarie.

Del resto agli attuali valori dei loro titoli di Stato, i due paesi dovrebbero raccogliere fondi a un costo maggiore rispetto ai tassi che verrebbero poi praticati ad Atene. Intanto il Wall Street Journal rilancia l’ipotesi di una tassa patrimoniale una tantum che secondo il quotidiano finanziario del gruppo Murdoch gli operatori di mercato ritengono inevitabile e che potrebbe attestarsi intorno ai 200 miliardi.

Giovanna Lantini per “Il Fatto quotidiano

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