I regali genovesi a Gavio

“Documento finanziamento sig. Penati”.

È chiamato così un file sequestrato nello studio di Renato Sarno, l’architetto indagato, insieme con una ventina di persone tra cui Filippo Penati, nell’inchiesta della Procura di Monza. Sarno avrebbe anche contribuito a finanziare la campagna elettorale del 2009 di Penati.

Intanto l’inchiesta si allarga. All’attenzione degli investigatori non solo la compravendita di azioni della Milano-Serravalle tra la Provincia di Milano guidata da Penati e il gruppo Gavio. Ma anche la vendita di azioni della società autostradale da parte di una manciata di enti locali, soprattutto liguri. A prezzi che potrebbero sembrare bassi, se confrontati con quelli poi realizzati con le stesse azioni poco tempo dopo da Gavio.

Certo, alla base dell’interesse dei pm di Monza c’è l’acquisto da parte della Provincia di Milano delle azioni della Serravalle. Siamo nel 2005, l’anno delle scalate dei furbetti del quartierino: Penati si lancia in un’impresa finanziaria ardita soprattutto per un ente pubblico: compra dal costruttore Gavio il 15% della Milano-Serravalle, facendo arrivare la Provincia al 53%. L’allora sindaco di Milano, Gabriele Albertini, parte all’attacco: la Provincia spende 238 milioni, pagando 8,93 euro ad azione. Solo 18 mesi prima, Gavio le aveva pagate 2,9: dunque realizza una plusvalenza di 176 milioni.

Di più, Albertini accusa: dopo l’operazione Serravalle , Gavio si schiera a fianco del finanziere rosso Giovanni Consorte, presidente Unipol, nella scalata in corso alla Bnl. Compra infatti lo 0,5 per cento della banca, impegnando 50 milioni. Finisce con una perizia richiesta dalla Procura di Milano che dichiara il prezzo congruo.

Ma Albertini sottolinea altre coincidenze su cui gli investigatori lombardi adesso cercano riscontri: una manciata di anni prima, un gruppo di enti pubblici – soprattutto liguri – decisero la vendita delle azioni della Serravalle che avevano in portafoglio. Una decisione contestata già all’epoca.

Insomma, gli enti pubblici avrebbero “strappato” condizioni non particolarmente favorevoli da Gavio, che invece rivendendo lo stesso titolo alla Provincia di Milano avrebbe fatto un affarone. Ripetiamo: finora non ci sono indagati e, fino a prova contraria, si deve attribuire la cosa alle capacità di contrattazione del privato. E magari al non eccelso senso degli affari degli enti pubblici.

Il capitolo forse più contestato è quello della cessione operata dalla Provincia di Genova, che deteneva un pacchetto consistente di titoli (oltre il 10 per cento). Una scelta che sollevò addirittura le proteste della Provincia di Milano. L’amministrazione lombarda non era ancora governata da Penati, ma voleva già acquistare una parte della quota ligure (il 40 per cento, pari al 4,3 per cento del totale).

Ma la Provincia di Genova, guidata allora dall’attuale sindaco Marta Vincenzi, preferì i privati: il diritto di prelazione dei milanesi non poteva essere fatto valere solo su una fetta della quota. Insomma, o si comprava tutto oppure niente. E così finì, nonostante l’esposto della Provincia di Milano, presentato dall’avvocato Piero Schlesinger.

La Provincia di Genova, nel 1999, incassò dalla vendita 1,6 euro ad azione, mentre Gavio sei anni dopo arrivò a incassare 8,93 euro per gli stessi titoli, riacquistati per di più da un altro ente pubblico.

Da quel momento partì la caccia di Gavio alle azioni degli enti locali (Comuni, Province, Camere di Commercio) per convincerli a vendere intorno ai 2,8 euro per azione. Il Comune di Genova, come racconta un esposto alla Corte dei Conti del consigliere comunale Giuseppe Murolo (Altra Genova), nel 2003 vende ad Amga, società di servizi controllata dal Comune, al prezzo di 2,18 euro ad azione.

La stessa Amga dopo tre mesi cede le azioni a Gavio a 2,98 euro. Murolo punta il dito su due aspetti: appena due anni dopo, come s’è detto, le azioni furono rivendute da Gavio a Penati a un prezzo triplo. Non solo: in quei tre mesi Amga ottenne una plusvalenza di 80 centesimi ad azione che finirono anche ai soci privati che detengono il 49 per cento della società.

Comunque la parola d’ordine degli enti pubblici in quegli anni è vendere. E si può capire con la crisi che svuotava le casse. Certo, tutte le azioni finiscono a Gavio e a prezzi non da record. Vende anche la Camera di Commercio di Genova, dopo polemiche sotterranee sull’individuazione dell’acquirente e sul prezzo: “Noi vendemmo dopo una gara, non tutti l’hanno fatta. E a un buon prezzo”, ricordano fonti dell’ente ligure.

E cede le quote anche l’Autorità Portuale del capoluogo ligure a 4,85 euro. Un prezzo che fa brindare gli amministratori pubblici pavesi che dopo pochi mesi strappano 7,05. Nel frattempo, però, è arrivata la maxi offerta della Provincia di Milano e i prezzi sono schizzati verso l’alto. Così gli investigatori adesso non devono capire soltanto se il prezzo di acquisto pagato da Penati è troppo alto. Ma anche se quello di vendita negoziato dagli altri enti locali è invece troppo basso.

Ferruccio Sansa per “Il Fatto quotidiano

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