Santoro mette 120mila euro al minuto nelle casse della Rai…E viene cacciato

Annozero, Ballarò, Report e Che tempo che fa:  i programmi più redditizi del palinsesto rischiano di essere cancellati. Chi pagherà?

Il principio liberale dell’editoria vuole che la separazione fra livello editoriale e la scelta dei contenuti sia basato essenzialmente sull’egoismo e sulla voglia di lucro dell’editore. E’ il principio per cui un editore, ipotizziamo, di estrema destra non troverebbe nessun problema – se non quelli suoi, di coscienza – nel rendersi disponibile a promuovere la pubblicazione di un quotidiano schiettamente comunista, fino a quando il progetto imprenditoriale sia redditizio. D’altronde si tratta di commercio: l’informazione non è un bene commerciabile, ma un valore civile; il supporto su cui circola (giornali, reti tv, internet) invece è un insieme finito di beni economici che, come tale, è sottoposto alle regole di mercato, con tutto ciò che ne consegue. E’ lo stesso principio per cui un imprenditore allergico alle banane potrà certo diventare l’uomo più ricco del mondo commerciando in banane. Nell’ambito della legge, quando si tratta di mercato, le opinioni politiche sono ampiamente superabili: l’editore dovrebbe badare in primo luogo, facendo un ragionamento propriamente economico, alla redditività del bene che distribuisce, chiedendosi se sia il caso di mollare tutto solo laddove tale bene non sia più redditizio.

LA RAI DELLE BANANE – Perchè questa lunga premessa? Perché le notizie di oggi preoccupano. Anzi, che siano notizie di oggi è tutto dire, visto che si tratta di rumors già ben affermati negli ambienti e d’altronde anticipati da ormai mesi, se non anni, di propaganda politica a tamburo contro alcuni protagonisti del piccolo schermo Rai nostrano. Parliamo, ma è solo un esempio, della prima pagina del Fatto Quotidiano di oggi, che titola “Che brutto tempo che fa”, riferendosi alle notizie interne da Viale Mazzini, secondo le quali l’azienda della Tv pubblica di Stato avrebbe tutto l’interesse a non rinnovare il contratto a protagonisti del palinsesto quali Michele Santoro, Fabio Fazio, Milena Gabanelli e Giovanni Floris. Guarda caso, tutti autori e conduttori di programmi televisivi più volte attaccati dal centrodestra che guida il paese, e da Silvio Berlusconi in persona a più riprese. Due su quattro dei personaggi in questione hanno partecipato, animato, dato volto ed anima a Raiperunanotte, la manifestazione a Bologna in cui si esibì Daniele Luttazzi fra gli altri e che volle essere una risposta a quello che sembrò un tentativo censorio, ovvero la soppressione dei programmi di approfondimento politico in vista delle elezioni. Insomma, personaggi che a giudizio di molti fanno semplicemente il loro lavoro e che per questo sembrano ad onde cicliche sempre più invisi agli uomini che governano il paese in questa fase politica, forse morente, forse al termine, ma che non risparmia colpi di coda.

LEI LO SA – Protagonista delle ultime notizie, che come dicevamo preannunciano come imminente l’uscita dalla Rai di questi personaggi, pronti ad approdare alla riserva indiana di La7, è Lorenza Lei, direttrice generale della Rai del dopo-Mauro Masi, che aveva in alcune occasioni fatto sperare in una discontinuità rispetto alla linea editoriale che finora aveva tenuto in piedi il cavallino di Viale Mazzini. Ma che in questa vicenda appare invece essere molto ortodossa rispetto all’impegno profuso proprio da Masi per bloccare i programmi invisi al Cavaliere di Arcore: Silvio Berlusconi e le sue pressioni sull’AgCom sono state anche materia di un indagine penale, e le intercettazioni dimostrano che Mauro Masi era parte del sistema che tentava di spingere e fare il possibile per bloccare proprio Annozero che doveva parlare del caso Mills, in quell’occasione. Ne abbiamo parlato a più riprese, e le notizie pubblicate proprio oggi dal Fatto Quotidiano sembrano una riedizione, mutati i particolari, di quello spirito, di quella vicenda, di quelle intenzioni: censura indiretta. Non un blocco dei programmi, ma semplicemente, un non-rinnovo dei contratti; più o meno ciò che accadde con Vieni Via con Me di Roberto Saviano e Fabio Fazio, appunto, laddove gli ospiti come Roberto Benigni vennero tenuti in sospeso fino alla fine proprio con la spada di Damocle del contratto non pagato.

SWEET HOME LA7 – Ora sono gli autori, i conduttori, i volti di questi programmi ad essere tenuti sul filo: fra poco potrebbero essere in strada. Non che non abbiano già un’altra casa pronta ad accoglierli.

Giovanni Stella, amministratore delegato di La7, assedia viale Mazzini e aspetta che uno o due simboli del servizio pubblico cadano fra le sue braccia: “Attendo i macachi-conduttori che scendono e con due di loro ho un accordo di massima”, e la metafora funziona. La7 ha campo libero. Intorno al banano Rai c’è soltanto silenzio: né il presidente Garimberti né il direttore generale Lei – interpellati dal Fatto Quotidiano – p ro nu n c i ano una parola che sia una per proteggere un patrimonio aziendale. E si dimostrano sordi anche all’appello del sindacato Usigrai: “Siamo p re o c c u p a t i ”. Stella ha indicato i quattro: Michele Santoro, Fabio Fazio, Giovanni Floris e Milena Gabanelli. Fedele al suo soprannome, il c a n a ro , l’amministratore delegato di Telecom Italia Media rivela la trattativa e custodisce i particolari. Eppure a La7 sanno che i due macachi- conduttori più vicini sono Santoro e Fazio.

Che cosa sta succedendo? Sta succedendo che due dei programmi più di punta della Rai intera saranno molto presto messi in condizione di non riuscire a lavorare come vorrebbero. Fabio Fazio sarà depotenziato; Michele Santoro, che va in onda per ordine del giudice, e dunque sul quale è possibile manovrare fino ad un certo punto, sarà per quanto possibile imbavagliato.

MAI LA LEI consegnerà la terza serata a Che tempo che fa, magari per uno speciale con Roberto Saviano, una riedizione di Vieni via con me; chissà fin quando il procuratore diFazio terrà la corda tesa prima di spezzarla e rinfoltire il gruppo di Enrico Mentana e Gad Lerner. E chissà se la firma per La7 – come spiegano numerosi attori della vicenda – ar riverà già mercoledì. Mai A n n o ze ro avrà un trattamento normale (se non eccezionale per i suoi ascolti), la libertà editoriale per sperimentare senza inciampare nei richiami dell’Agcom, la burocrazia, le circolari.

Secondo le voci che si rincorrono in Rai, le motivazioni sarebbero economiche: “Non siamo in grado di investire, in questo momento”

E che fanno in Rai? Non possono (e non vogliono) investire. Non vogliono (e possono) confermare i piatti migliori.

Non vogliono, non possono, non si sa perché. La Lei non lo spiega, il presidente Rai Garimberti neppure. Sembra ineluttabile: secondo il consigliere Rai Antonio Verro, invece, si tratta di un “ritardo fisiologico” nella controfirma dei contratti. Ma che, solo per fare un esempio, Michele Santoro avrebbe ponti d’oro nell’andare via, è lo stesso Verro, berlusconiano di stretta osservanza, a ripeterlo.

RISULTATI ECCEZIONALI – E dunque, in libera uscita, con La7 pronta ad accoglierli. E a fare cassa: già. Perchè quel che meno si capisce di questa sarabanda censoria è la difficile giustificazione di questa linea d’azione proprio sul piano economico: Antonio Verro, rispondendo alle domande di Carlo Tecce del Fatto, accenna al problema, sorvolandolo come se fosse roba da poco.

Consigliere, porte girevoli a viale Mazzini. La7 è pronta a ricevere i vostri gioielli: come difendere la Bastiglia?
Credo che il divorzio e i matrimoni siano consensuali. Ho criticato mille volte Michele Santoro, se andasse a La7 non sarei felice perché i suoi risultati di ascolto sono eccezionali, certo non scenderei in piazza per fermarlo. Se dovessi fare un scommessa, direi la Gabanelli.

Risultati d’ascolto eccezionali, dice Verro, ma Santoro può andar via ugualmente e nessuno farà piazzate per fermarlo. E’ un’affermazione contraddittoria, lo si capisce con un po’ di buonsenso; diventa una follia se si mettono sul tavolo un po’ di cifre. Parliamo di soldi, perchè questi “stratosferici” dati d’ascolto non sono una categoria dell’essere pensata da un filosofo idealista, sono dati molto concreti che si concretizzano, appunto, in denaro sonante. Tanti bei soldini che finiscono nelle casse di Mamma Rai e che la Rai però rischia di dismettere con questo suo comportamento inspiegabile. Come a dire: avere in casa un tesoro e darlo via perché non gradiamo il colore del baule in cui è custodito. Troppo rosso, questo denaro, diamolo a qualcun altro: chi pensa che sia irrazionale può iniziare ad alzare la mano.

QUALCHE NUMERO – Non possiamo vedere le mani alzate ma difficilmente saranno poche. D’altronde davanti ai numeri ci sono ben poche chances. E parliamo dei dati ufficiali Sipra, la concessionaria di pubblicità Rai, che vende come al mercato del pesce gli spazi pubblicitari interni ai programmi televisivi in questione. Annozero, Che tempo che Fa, Ballarò e Report, come vedremo fra un attimo, sono fra i programmi più redditizi del’intero palinsesto Rai: e sono pronti ad essere dismessi. Cosa? Cosa?! Perché?! Non si è capito mica. E dire che è ormai, praticamente, un luogo comune: Michele Santoro porta soldi alla Rai. Vediamo bene quanti, analizzando gli ultimi dati disponibili, ovvero il listino prezzi della Sipra  per aprile-maggio 2011, sarebbe a dire, valevole fino a cinque giorni fa. Scopriamo così che la media del prezzo per trenta secondi di spot pubblicitario in una delle pause di Annozero (calcolato sommando tutti gli importi su giorni e fasce orarie, divisi a media secca, ovvero in sostanza: il costo medio per uno spot di 30 secondi per una serata media, nei mesi di aprile e maggio) è di 57mila euro, ogni mezzo minuto (il che somiglia molto a 60mila euro: come a dire, poco meno di 120mila euro al minuto). E così si scopre, guarda guarda, che Michele Santoro è il gioiello più prezioso di Rai2 dopo l’inarrivabile Isola dei Famosi, che si fa pagare anche 80mila euro a spot. Passiamo su Rai3? Fabio Fazio con Che tempo che Fa va in onda su 2 puntate settimanali, sabato e domenica; sul totale degli intervalli pubblicitari, il prezzo medio chiesto dalla Sipra nei due mesi analizzati è di 44mila euro. Report? Milena Gabanelli va in onda una volta a settimana, ha due intervalli di pubblicità in trasmissione e la Sipra fa pagare per 30 secondi di spot qualcosa come 54mila euro. Arriviamo a Ballarò per scoprire che Giovanni Floris fa ricavare all’azienda, in media, calcolata con lo stesso sistema, più di 30mila euro. Neanche a dirlo, si tratta delle principali fonti di entrata pubblicitaria per Rai3, importi che superano di gran lunga una corazzata da pubblico fidelizzato quale Un Posto al Sole: in sostanza dimissionando, o mostrando altrimenti con una certa insistenza la porta a questi programmi, molto semplicemente si rischierebbe di chiudere il terzo canale. E non è detto che a qualcuno non dispiaccia. Non solo: i dati dimostrano che nell’ultima fascia temporale analizzata, sostanzialmente dunque il mese di maggio, il valore di 30 secondi di pubblicità in questi programmi è salito, sarebbe a dire: costa di più. E quindi rende di più; e quindi ancora, si parla di chiiudere programmi non solo già redditizi, ma ulteriormente in crescita.

LA SAGGEZZA DELLE SCELTE – La sola idea di buttare a mare questi soldi è del tutto inspiegabile, o quantomeno, inspiegata. Come ha scritto qualcuno, queste persone non andrebbero cacciate, mobizzate, invitate ad andarsene: semmai, promosse. In ogni caso, mancano spiegazioni, e non poche: perché questi programmi non vanno bene? Lorenza Lei, che tergiversa nel confermare questi contratti di puro guadagno per la Rai, con persone che non chiedono altro che lavorare, pensa di non confermarli per questioni politiche? Questo è quanto si legge sui giornali di oggi. E’ vero? E’ confermato? Qualcuno lo spiega ai cittadini che della Rai pagano il canone? Anche perché la regola economica è molto semplice: meno entrate (tutti questi pagamenti in pubblicità che sparirebbero nel nulla, come mai esistiti) a costi uguali, risultato: più carico su chi paga il canone, o necessità di trovare altre entrate. Più canone? Perfetto, meno soldi nelle nostre tasche. L’idea di defenestrare i programmi che rendono di più su due delle reti Rai (e non solo, perché il Fatto Quotidiano parla anche di una interruzione di Domenica In: un programma che in alcune fasce riesce a far guadagnare anche 42mila euro) è un vero e proprio danno economico per l’azienda e dunque per i cittadini che pagano la Tv pubblica. Vogliamo considerarle legittime scelte editoriali? E’ in incubazione un coraggioso piano di riassetto? Potremmo discuterne, se i termini della questione fossero chiari a tutti; se Lorenza Lei, o chi per lei – gioco di parole indegno ma inevitabile – si prendesse la responsabilità di convocare una conferenza stampa e dire: “Per la Rai pensiamo ad un futuro di questo genere, senza Michele Santoro, Fabio Fazio, la Gabanelli e Ballarò, ma riteniamo di poter guadagnare ciò che perderemo in questo modo qui”, eccetera eccetera, segue spiegazione dettagliata. E invece nulla: mutismo e notizie, voci, retroscena di riassetto solo sui giornali. Consiglieri d’amministrazione che ridacchiano sostenendo che non c’è nulla di male nel perdere una risorsa per l’azienda come questi programmi – e Verro si vanta addirittura, sempre sul Fatto, di “tutelare gli interessi del servizio pubblico”: lo fa depauperandolo? Curioso. Insomma, il quadro è tutto da chiarire, i dati invece sono certi: quelli che abbiamo calcolato sono i guadagni medi dei programmi oggi in discussione. Le intenzioni di chiuderli, sui giornali di oggi, appaiono conclamate. Qualcuno ci spiega dove va la barca della Rai, e perché un concorrente privato come La7 dovrebbe beneficiare di un management incapace non di progettare il futuro, ma di leggere i bilanci che mostrano dove si guadagna e dove si perde? Perchè Porta a Porta al massimo fa guadagnare 20mila euro in meno di quanto non faccia Santoro, ma Bruno Vespa non è mai in discussione? Nulla contro il giornalista aquilano e il suo programma: come si capisce, stiamo facendo biechi discorsi economici. Se non gli amministratori di una società quotata in borsa come la Rai, qualcuno dovrà pur farli: iniziamo noi.

Tommaso Caldarelli

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