La guerra della Lega al Pdl in casa di Bossi

A Gallarate, provincia di Varese, scontro senza quartiere tra il Carroccio e i berlusconiani

I cambiamenti, talvolta, accadono nei luoghi meno aspettati. Anche le tornate amministrative, dove si dovrebbe parlare di strade, servizi e beni pubblici, possono invece prefigurare un futuro che si materializzerà a breve tra la sorpresa di tutti. Nella recente storia italiana proprio alle comunali del 1993, le prime dopo il tornado di Tangentopoli, nacquero le liste collegate di sinistra dc, azionisti e post comunisti che incubarono prima l’Ulivo e poi il Partito Democratico. Successe in comuni relativamente piccoli come Fiumicino o Brescia, mentre furono proprio le comunali di Milano, stravinte dalla Lega, che convinsero Berlusconi a mollare i suoi passati referenti politici, destra democristiana e craxiani. E l’annuncio della sua discesa in campo fu in pratica il suo appoggio a Fini sindaco di Roma. Nel primo decennio del duemila l’Italia è stata dominata da Silvio e dalla sua alleanza solidissima con Bossi, ma ora, in una cittadina che si trova accanto al paese natale del leader leghista, tutto sembra cambiare.

LEGA, RITORNO AL FUTURO – Dal 2008, o più precisamente dal 2007, la Lega Nord è ritornata ad essere un attore decisivo della politica italiana. Il ritorno del proporzionale, non casualmente proposto da un ministro del movimento bossiano, ha ridato fiato e spazio all’identità del Carroccio, compresso dal sistema maggioritario e dalla leadership strabordante di Berlusconi. Al di là dei mai chiariti rapporti con il presidente del Consiglio, negli ultimi dieci anni la Lega è stata il puntello più fedele del berlusconismo. Riottosa sì, ma il patto con Silvio non è mai stato messo in discussione, nemmeno per un secondo. Un’alleanza che ha permesso al Carroccio di dominare il Nord, per la quale sono stati spesso inghiottiti bocconi amari, come dimostrò lo scontro sulla sanità lombarda gestita dall’inviso potere di Comunione e Liberazione.  Da tempo però nella Lega c’è voglia di tornare alle origini, di mollare il ricco cappio berlusconiano per scatenare le mai sopite voglie egemoniche di Bossi e soci. Berlusconi è stato per alcuni anni l’obiettivo principale degli attacchi leghisti, quando Dini e Prodi portavano l’Italia verso l’euro. Bossi sapeva che l’egemonia al Nord sarebbe stata possibile solo arginando il Cavaliere, definito nei comizi e negli organi di informazione del partito come il mafioso di Arcore.


La strategia però non funzionò, e il flop della Secessione della Padania, più qualche altra disavventura economica, consigliò più miti consigli per salvaguardare il movimento nordista. Arrivò a fine 1999 l’accordo tra Bossi e Berlusconi, un’intesa che è sopravvissuta a molte vicissitudini, e che è costata il posto di successore ai fedeli delfini del Polo della Libertà, prima Casini e poi Fini. La Lega sa però che sopravvivere al Cavaliere non sarà un’operazione scontata, e ha sempre vissuto quest’alleanza come una gabbia per il proprio movimento. Gabbia dorata, visto il potere conseguito, e che non tutti vorrebbero lasciare, ma pur sempre uno spazio angusto. A pochi passi dai luoghi natali di Umberto Bossi il Carroccio sta però lanciando una guerra totale al Pdl dell’amico Silvio, una sfida locale che però rivela il grande sogno padano. Andare da soli e governare senza alleati le grandi istituzioni del Nord. E’ l’obiettivo da sempre dichiarato di Bossi, e dopo i trionfi in Veneto e Piemonte e la doppia cifra nei sondaggi nazionali, che significa 25/30% in Padania, il sogno sembra a portata di mano.

LA GUERRA A CASA DI UMBERTO – Varese, la culla della Lega, dove un gruppo di amici guidato da Umberto Bossi e Roberto Maroni ha fatto partire negli anni ‘80 la più longeva formazione della politica italiana, è stata sempre intoccabile per i leghisti. Anche nel patto stretto ad Arcore, la fedeltà a Silvio significava ruoli di potere per i bossiani anche a discapito dell’evidenza, ovvero che Forza Italia prima o il Pdl poi avesse i maggiori consensi. Rispetto al patto originario però solo il capoluogo e la provincia sono rimaste in mani padane, mentre le città più grandi del Sud, Busto Arsizio, Gallarate  e Saronno, sono finite agli alleati forzisti. Da tre anni però il boom del partito ha ingolosito i leghisti, che sono tornati a sognare i clamorosi successi degli anni novanta, quando la Lega governava, da sola, la maggior parte delle istituzioni varesine. Dopo le bizze che sono costate la sconfitta a Saronno, il Carroccio ha ascoltato la base e ha dato il via libera. Dove si può, si va da soli, come a metà degli anni novanta. Solo l’intervento di Berlusconi e Bossi ha impedito che il confronto tra Pdl e Lega fosse totale. Nelle due città più grandi della Provincia, Varese e Busto Arsizio, il patto romano viene confermato anche nell’area subalpina. Nella terza città invece, Gallarate, attaccata a Malpensa e arrivata recentemente alle cronache nazionali per il treno preso dal Milan in direzione Brescia, tappa decisiva per il recente scudetto, il confronto si è trasformato in scontro totale. Gallarate confina con Cassano Magnago, il paese dove Bossi è nato, anche se l’Umberto vive da tempo trenta chilometri più a Nord, a Gemonio. Nei luoghi della sua infanzia il leader leghista ha deciso di far la guerra al Pdl, sconvolgendo alleanze nazionali con l’obiettivo strategico di affermare,ad ogni costo, la supremazia leghista. Un conflitto che sembra davvero una guerra fratricida. Il candidato sindaco berlusconiano si chiama Bossi, proprio come il fondatore del Carroccio.

DA NINO A SILVIO – A Gallarate c’è il grande nemico della Lega varesina, Nino Caianiello.


Nato in Campania come Gioacchino, trasferitosi in gioventù a Nord per gestire una ricevitoria del Lotto, Caianiello si è affermato come il leader dei laici del Pdl, ovvero la corrente composta principalmente da ex craxiani e esponenti dei liberali, repubblicani o socialdemocratici. Grazie al potentissimo Massimo Buscemi, assessore regionale e un tempo pupillo di Berlusconi, Caianiello ha creato un consolidato e duraturo sistema di potere, capace di fare a meno in più di un’occasione dei leghisti.

Da tempo presidente della società multi servizi del comune, il leader locale del Pdl aveva tentato di andare in Regione, ma alcune vicissitudini giudiziarie avevano consigliato lo stop. La sua potente rete però è riuscita a far eleggere consigliere regionale un esponente della sua corrente, Rienzo Azzi, anch’egli ex socialista. Posto “rubato” a Luca Ferrazzi , un’acredine che ha determinato in parte una delle più strane alleanze gallaratesi, ovvero l’intesa tra finiani e leghisti per dare la caccia a Caianiello.

http://youtu.be/WaUb98qU5TU
“Via le mafie da Gallarate”, i provocatori manifesti con i quali la Lega ha tappezzato la città, allusivi al diffuso e per alcuni controverso potere dell’esponente del Pdl. Nell’intesa elettorale col Carroccio Fli ha preferito rinunciare al proprio simbolo, presentandosi come Libertà per Gallarate. Con loro c’è anche una lista civica, che si chiama “Gallarate onesta”, e già si sta tessendo la tela con qualche lista civica di area moderata per prefigurare un nuovo centrodestra.  Bossi vuole vincere,  e ha deciso di puntare moltissimo su Gallarate, che sembra interessargli più di Milano. Nella città varesina, che alla fine conta circa 50 mila abitanti, si sono visti tutti i leader leghisti, compresi i presidenti di Regione come Zaia e Cota. Il candidato sindaco della Lega è stato cambiato tre volte in poche settimane, per aumentare le chance di vittoria. Prima un candidato sindaco civico, poi un esponente di spicco della Lega di Gallarate, capogruppo in Provincia e consigliere comunale del Carroccio, infine la scelta finale è toccata su Giovanna Bianchi Clerici, ex deputata e attuale consigliere di amministrazione Rai. La campagna elettorale è stata molto aspra, e lo  scontro tra il movimento bossiano e il Pdl ha avuto momenti ad alta tensione, con tanto di sede leghista oggetto di lanci di sassi e manifesti bruciati. La battaglia contro il “boss” Caianiello è diventata così campale e feroce che l’alleanza col Pdl si è praticamente liquefatta, come ci conferma Stefano Gualandris, candidato a sindaco dalla Lega e big della sezione locale.

LEGA IN FUGA – L’esponente del Carroccio sintetizza così i problemi con il Pdl gallaratese che hanno portato alla rottura. “

Gli attriti, per motivi amministrativi, risalgono già a 10 anni orsono, quando eravamo ancora in maggioranza ed io ero consigliere comunale nel primo mandato dell’ex sindaco Nicola Mucci. Non abbiamo mai condiviso la loro politica sul commercio (apertura di sempre nuovi centri commerciali in una area tra le più sature d’Italia) e soprattutto la politica urbanistica. Gallarate ormai è una città priva di verde, fatta eccezione per le aree – per fortuna – vincolate dal Parco del TicinoAltri motivi di rottura sono sintetizzabili in esagerato sperpero di denaro pubblico (tolto al sociale e alle opere ordinarie) in opere faraoniche e inutili grandi eventi a spese della collettività (concerto Gigi d’Alessio, gran galà della Musica, ecc.) malagestione delle municipalizzate (bilanci con pesantissime perdite, investimenti assurdi e immotivati come il progetto della metanizzazione della Sardegna in gara con Gazprom ed ENI), ed infine la pessima gestione della situazione della pseudo Moschea abusiva e della realizzazione del campo Sinti. La rottura col PDL si è concretizzata nel secondo mandato Mucci dopo un anno dall’insediamento con l’uscita dalla maggioranza della Lega”.

La spaccatura però, è solo causata da problemi legati alla città?

“Assolutamente locale, anche se i vertici PDL di Gallarate hanno molto potere anche verso alcuni loro colleghi PDLlini fuori Gallarate sul territorio provinciale. Per ora comunque le alleanze extra gallaratesi sono salde. Comunque ci tengo a precisare che il PDL locale non ha nulla da condividere con il PDL nostro alleato di Governo. La dimostrazione lampante è una campagna elettorale gallaratese ricca di BIG della Lega (Bossi + volte in città, Zaia, Cota, Maroni, Reguzzoni, GIorgetti, ecc.) e invece in sordina come BIG del PDL (se vengono brevi comparsate, nulla più. Gasparri addirittura verrà a Varese e Busto ma non a Gallarate).” La rottura è partita dal basso, perché la scelta è stata “condivisa e suggerita dalla base. Talmente tanto suggerita da spingere Umberto Bossi – informato della situazione – a chiedermi di lasciare spazio alla cara amica GIovanna Bianchi perché conscio dell’importanza di vincere Gallarate. Pur dispiacendomi per non poter concludere la mia campagna elettorale molto ben iniziata, con gioia sono stato io il primo a suggerire ai vertici che l’on. GIovanna Bianchi sarebbe stato un candidato sicuramente di peso e con più chance di vittoria”.

Gli scontri col Pdl sono stati numerosi, e Gualandris li racconta così:

“ Hanno pure provato a tirare dentro una lista LEGA PADANA – BOSSI (Massimo Bossi è candidato PDL) tentanto di sfruttare eventuali confusioni degli elettori. Un modo di far politica a mio avviso indecoroso perché pone il presupposto che si crede l’elettore un idiota. Da annoverare poi un clima teso nel rapporto tra i candidati – ex alleati – dello schieramento opposto: mezze parole, qualche screzio davanti ai tabelloni, finte denunce sulla stampa di aggressioni…. diciamo una campagna elettorale non proprio rose e fiori”. Sulla questione morale l’esponente del Carroccio non usa mezza parole. “ Bhé non lo dico io ma i fatti di cronaca e i vari siti specializzati: a Gallarate stiamo assistendo a processi in corso e indagini che colpiscono dipendenti del Comune a stretto contatto con i vertici PDL locali e alcuni di questi stessi vertici. Inoltre che a Gallarate, come in altri comuni del Varesotto, ci siano segnalazioni della presenza di cosche malavitose di stampo mafioso non è una novità. La nostra non è una accusa al PDL locale di essere colluso con la camorra o la ‘Ndrangheta, ma che ci siano situazioni un pò “strane” da analizzare e chiarire, in buonafede, questo si. Basta visionare vecchi bilanci, visure e nomi di membri dei passati cda delle municipalizzate e confrontarli coi dati di alcuni siti web specializzati per farsi delle domande inquietanti. Il carattere locale della rottura però nasconde un moto di emancipazione leghista che lo stesso Gualandris riconosce, specie in ottica ballottaggio. “ Come dicevo precedentemente lo scontro col Pdl è un caso isolato, che però non escludo possa diventare un interessante laboratorio politico. Berlusconi in questo momento è il migliore alleato di Umberto Bossi e si è dimostrato fedele agli accordi,; ma le priorità della Lega sono chiare e se un giorno con Berlusconi non dovessimo ottenerle nessuno ci vieta di guardare altrove. Ovviamente deciderà e valuterà Umberto Bossi, per cui nutro e nutrirò sempre una completa fiducia e che non mi stancherò mai di ringraziare per la sua presenza e aiuto a Gallarate.  Nel caso, che mi auguro, fossimo noi al ballottaggio contro il PDL, la scelta sul secondo turno spetterà a Umberto Bossi e Giovanna Bianchi. Ovvio che una base che chiede di correre da sola criticando pesantemente l’operato locale del PDL  difficilmente andrà a votare per il candidato del PDL. Però nulla è deciso. “

LA LEGA NON SERVE – Alessandro Petrone è il giovane capogruppo del Popolo delle Libertà di Gallarate. Eletto in Forza Italia e legato da un rapporto di stima e amicizia con Nino Caianiello, attacca frontalmente la Lega.

“ L’alleanza con il partito di Bossi è stata confermata anche in questa tornata amministrava dal PDL. La Lega però è un partito identitario, che preferisce correre da sola nei piccoli comuni. Sotto i cinque mila abitanti è pieno di paesi dove il Carroccio va da solo, e visto che la Provincia di Varese è composta per lo più da piccoli comuni, la loro scelta di andare da soli non è una completa anomalia. A Gallarate però ci sono altre problematiche che hanno influenzato la rottura dell’alleanza. In primo luogo per noi ci sono alcuni valori non negoziabili”. Quali sono questi valori, chiediamo al nostro interlocutore. “Innanzitutto le radici cristiane e il no alla moschea. Per noi è impossibile che a Gallarate venga edificato un luogo di culto per gli islamici, e con il Pdl al governo della città questo non succederà. Invece la Lega non può garantirlo. A Varese, dove loro comandano, ci sono ben due moschee, e il Carroccio non ha mai fatto niente per chiuderlo. “

Petrone attacca il malgoverno leghista della città simbolo del partito di Bossi.

“Non mi pare che da quando la Lega è arrivata al governo di Varese i problemi di questa città si siano risolti. Penso al progetto dell’unificazione delle due stazioni, mai partito, oppure al traffico che da sempre affligge Varese. Per questo, a differenza nostra, la Lega non si può presentare da sola. Noi siamo il partito del buon governo e dei valori non negoziabili, tra i quali includo anche la tolleranza zero verso chi delinque e i clandestini, che non ci sono a Gallarate e se verranno saranno cacciati. I pochi ambulanti presenti in città arrivano per colpa dei permessi concessi da una vicina amministrazione del Pd”. Petrone difende l’operato della giunta Mucci, l’ex sindaco di Gallarate eletto nel 2001 e dimessosi l’anno scorso per diventare dirigente sanitario. “In questi 10 anni abbiamo realizzato il 95% delle nostre promesse, quali altri partiti possono affermare questo? Siamo gli unici ad avere un progetto per il futuro di Gallarate, e ci attaccano con una campagna diffamatoria e vergognosa proprio perché non hanno idee e hanno sempre perso. Alla fine, si comportano come la sinistra con Berlusconi. Solo ingiurie e offese a noi e ad una città operosa e laboriosa, con uno dei più bassi tassi d’evasione fiscale in Italia. Le proposte? Meno di zero.”

In merito a Caianiello, indubbio protagonista di questa campagna elettorale, Petrone rimarca il suo buon lavoro da manager, attaccando invece gli appetiti verso la municipalizzata cittadina.

“Caianiello si è rivelato un ottimo amministratore, che ha realizzato una forte espansione di Amsc (la mulitutiliy di Gallarate, ndr). I suoi incarichi sono stati assegnati dal voto dell’assemblea dei soci, dove ci sono comuni non vicini al Pdl. Caianiello poi è stato pubblicamente apprezzato da esponenti di partiti avversari. Stefano Candiani, segretario provinciale della Lega Nord, ne ha apprezzato la fedeltà al rispetto degli accordi, mentre Alessandro Alfieri, consigliere regionale del Pd, lo ha lodato per la sua attività di manager”. La Lega attaccherebbe Caianiello per due motivi. Il primo è “che stato l’unica persona a contrastare l’egemonia leghista, evidenziando come l’alleanza era tra due partiti e che anche il Pdl dovesse contare. Caianiello non ha mai abbassato la schiena, e si è comportato da leader, difendendo le ragioni del nostro partito. Ecco perché i leghisti lo attaccano con queste accuse infamanti, perché è l’unico che non cede sempre di fronte alle loro richieste. Inoltre, Caianiello ha difeso la proprietà pubblica di Amsc, mentre la Lega ha privatizzato Aspem, e dietro i loro attacchi si nasconde qualche appetiti verso un’azienda sana, che ha aumentato i propri posti di lavoro negli ultimi anni sotto la sua gestione.” In sintesi, conclude Petrone, “solo noi abbiamo idee per il futuro della città, come nuovi parchi pubblici, il completamento dell’edilizia scolastica, l’abbassamento delle tasse come ha fatto la Moratti a Milano e progetti per rafforzare l’imprenditoria locale. Siamo convinti che possiamo farcela al primo turno, grazie al buongoverno che abbiamo dimostrato in questi ultimi dieci anni”.

SCONTRO LOCALE, E NAZIONALE – I giovani primattori della Lega e del Pdl gallaratese sottolineano il carattere locale dello scontro in città, ma il segretario del Partito Democratico, Giovanni Pignataro, capolista del Pd alle comunali, evidenzia la cifra nazionale di questa battaglia.” Si parte da Caianiello e si finisce al post Berlusconi, è evidente”.  Pignataro spiega come Gallarate si stia risvegliando dall’apatia delle ultime tornate elettorali. “Vedo maggior coinvolgimento in città, è un’elezione molto sentita, anche perché incerta.” Per la prima volta da 20 anni il centrosinistra potrebbe arrivare al ballottaggio. “Sarà una battaglia all’ultimo voto, ne sono sicuro, e il nostro candidato, Guenzani, sarà capace di rubare un po’ di voti moderati”. Alle ultime regionali l’alleanza che sostiene il candidato sindaco del Pdl, Massimo Bossi, valeva circa il 40%, anche se qual voto bisognerebbe sottrarre il voto dell’anima An che appoggiava Ferrazzi, transitato nel Fli. Il centrosinistra aveva ottenuto il 29%, mentre la Lega ha preso il 27%, ed ora può contare anche sul consenso in entrata dei finiani. Il Carroccio è passato dal dieci per cento alle comunali del 2006 al 23 delle politiche del 2008, e da allora la sua tendenza è sempre in crescita.  A fine del decennio scorso a Gallarate si verificò un significativo travaso di voti leghisti verso Forza Italia, che arrivò fino al 40% in città. Ora però, come nel resto del Nord, il pendolo è tornato verso i padani. Bossi è convinto che se la Lega va da sola può rubare voti dappertutto, e se a Gallarate coglierà la vittoria che tanto cerca, il possibile abbandono del partito di Berlusconi potrebbe essere più rapido di quanto si pensi.

Andrea Mollica

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