“Sono un test nazionale”, ripete il Cavaliere.
Ma la Lega…
Silvio Berlusconi è il presidente del Consiglio italiano, ma anche (no, non è tornato Veltroni) il capolista del PdL nelle amministrative di Milano, come l’altra volta, d’altronde, dove collezionò qualcosa come 52mila preferenze personali. Per un ruolo, ovviamente, che non ricoprirà mai, visto che si dimetterà un momento dopo la sua elezione a Palazzo Marino. Ma è il gioco della politica, è fatto così, e ora la priorità è portare a casa il secondo mandato per Letizia Moratti sindaco.
MISSIONARI – Non un compito da niente, visto l’incalzare del candidato del centrosinistra, Giuliano Pisapia, il magistrato insignito del mandato delle primarie del centrosinistra. La speranza che possa vincere davvero, che la sfida a Milano, questa volta, non sia solo teorica è qualcosa di più che un’idea fumosa: i calcoli parlano di un primo turno addirittura in bilico per l’ex ministro dell’Istruzione dei governi Berlusconi. E se l’esponente del PdL perdesse al ballottaggio, sarebbe un cataclisma di livello nazionale. Ecco perchè Silvio è mobilitatissimo, tanto da improvvisarsi Pontefice nell’inviare in missione i suoi ragazzi in giro per l’area del Comune. Sulla Repubblica, l’invenzione dei missionari della Libertà.
Alla fine, quando ancora stanno risuonando le note del suo inno, “Meno male che Silvio c`è”, torna almicrofono. E, con un fuori programma, Silvio Berlusconi incita il migliaio di candidati alle comunali e militanti presenti a fare una campagna elettorale porta a porta per convincere gli indecisi: «Non state qui a perdere tempo, andate a casa, in missione. Vi nomino tutti missionari della libertà». Una propaganda necessaria. Perché il voto amministrativo di maggio a Mil ano, per il premier è diventata la madre di tutte le battaglie. Lo dice lui stesso, dal palco del teatro Nuovo dove ha lanciato il programma del candidato del Pdl, il sindaco uscente Letizia Moratti. «A Milano – ha scandito – dobbiamo vincere alla grande al primo turno per rafforzare il governo nazionale. Queste sono elezioni cittadine, ma forse di più elezioni nazionali». Si gioca tutto qui, Berlusconi: a Milano. In amministrative che dovranno essere, dice il Cavaliere, una «conferma che il berlusconismo non è al tramonto». Un test per il governo. E per lui, che sarà ancora capolista del Pdl nella sua città e punta a superare le 53mila preferenze che conquistò nel 2006. Nella capitale di Pdl e Lega, il centrosinistra non riesce a vincere da più di 15 anni. Ma questa volta, con l`avvocato Giuliano Pisapia, la partita è vera. Anche il premier è consapevole che questo voto ha una valenza in più, e che si rischia il ballottaggio.
Silvio lo sa, ma pensa di poterla spuntare.
CANDIDATI – D’altronde Milano è la sua città, il luogo dove tutto è nato: perdere il capoluogo lombardo sarebbe uno smacco, e ai simboli Berlusconi ci tiene, e da sempre. Basti pensare che è stato dimostrato come una vittoria del Milan – ormai, saldamente in corsa per il titolo – lo rafforzi elettoralmente. Così, perdere Milano non è davvero una buona idea. Avanti tutta, ma c’è la Lega, dietro l’angolo, a scuotere la testa, un po’ dubbiosa. Non è un mistero che la poltrona di Palazzo Marino, nelle ambizioni di Bossi, sarebbe dovuta andare ad un esponente del Carroccio. Lo stesso Senatùr si era candidato a Sindaco, tempo fa.
E’ la poltrona di Palazzom Marino che la Lega Nord continua a bramare con insistenza dopo il boom elettorale ottenuto alle Regionali. Se il sindaco Letizia Moratti e il coordinatore Pdl Ignazio La Russa hanno già frenato le aspirazioni leghiste, il ministro Roberto Calderoli ha assicurato che il Senatùr sarebbe un sindaco “eccezionale” per il capoluogo lombardo. Candidatura rimarcata anche dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni: “Bossi ha prenotato la poltrona da sindaco”. Ma la Moratti ribatte: “La mia sorpresa di Pasqua l’ho già trovata: era nelle urne di domenica”
In realtà tutti sapevano che la questione era fermare il posto, che realisticamente sarebbe andato in dote ad un fedelissimo della corrente di maggioranza della Lega varesotta – Matteo Salvini, forse, prima che iniziasse a fare il matto per conto suo.
ALZARE LA POSTA – Ma poi Silvio reclamò il posto per il centrodestra; tutto da solo, peraltro, senza chiedere nulla a nessuno. Troppo importante la poltrona del capoluogo lombardo, da un punto di vista d’immagine, appunto. E così, la Lega dovette cedere il passo, ma ad una condizione. Vuole Silvio Berlusconi giocarsi la sua partita a Milano? Faccia, di nuovo: ma se perde, la sua vita non sarà affatto facile.
«Speriamo di perdere Milano».
La battuta circolava la scorsa settimana tra i deputati leghisti. Erano i giorni in cui la Camera era bloccata per votare laprescrizione breve abeneficio di Silvio Berlusconi e la frustrazione delle camicie verdi saliva oltre il livello di guardia. Non che la Lega non ce la metterà tutta per fare il pieno divoti all`ombra della Madonnina, ma la battuta nasconde unaverità che il Cavaliere ieri ha in parte svelato. Anche per il Carroccio il voto di maggio è qualcosa di più di una tornata amministrativa: una sconfittanel capoluogo lombardo potrebbe spingere i lumbard ad accorciare lavita al governo. Il messaggio è stato recapitato al premier. I leghisti hanno mal digerito la conferma di Letizia Moratti. L`hanno vissuta come un «colpo di mano» del premier quando le trattative con Bossi su chi candidare erano ancora aperte. E Berlusconi dopo l`ultimatum dei colonnelli leghisti «o si vince o salta tutto» – è corso ai ripari, iscrivendo il suo nome in cima alla lista milanese al posto di Mariastella Gelmini. Se la vittoria alprimo turno è vista come un miraggio, una sconfitta al ballottaggio contro il candidato del Pd Giuliano Pisapia sarebbe la Waterloo del premier. Potrebbe costargli Palazzo Chigi. A Via Bellerio spiegano che perdere aMilano «farebbe riflettere tutti su quelle alternative che oggi in molti fingono di non vedere. Farebbe capire che Berlusconi non è imbattibile e accelererebbe un processo giàincorso». Quello dello sganciamento dal governo o, quanto meno, di una richiesta che potrebbe diventare un ultimatum: il prossimo candidato del centrodestra alla guida del governo dovrà essere Bobo Maroni. Nel 2013 ` se non prima. I segnali della strategia leghista stanno ormai emergendo.
Tutto torna: persino la strategia di Maroni stesso per smarcarsi dall’ortodossia leghista e proporsi come nuovo interlocutore globale di governo; come uomo amico di Napolitano e, appunto, papabile per Palazzo Chigi. La boa è in vista, a metà maggio, la sorte del governo sarà decisa.
Tommaso Caldarelli
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