Così il centrodestra sfascia il processo civile

La maggioranza va all’assalto della giustizia ordinaria: via i giudici, arriva il conciliatore privato.

Supponiamo che una persona qualsiasi abbia un debito da esigere, o un problema di giustizia come tanti. Cosa fa? La cosa più normale del mondo, si rivolge ad un giudice. E invece no. Perchè nei piani della maggioranza di centrodestra che sostiene il governo di Silvio Berlusconi c’è il far diventare quella che è l’eccezione la regola. C’è il rendere molto più invitante e comoda la risoluzione della causa fuori dal giudizio, depotenziando ulteriormente il sistema della giustizia civile italiana. Che tanto, è noto, non funziona: e allora, invece di ripararla, finiamo di distruggerla. Il piano punta esattamente in questa direzione, e si compone di due parole che descrivono una figura professionale: il conciliatore legale.

CONCILIAZIONE – Si tratta di una figura con formazione legale che risolve cause, al di fuori del processo, senza essere nè il giudice nè l’avvocato delle parti. E’, come dice il nome, un soggetto chiamato a far mettere d’accordo al di fuori del processo le due parti in causa, arrivando ad una risoluzione contrattuale della vicenda. E’ ampiamente previsto dal nostro codice come eccezione rispetto al normale decorso del processo, ma con l’entrata in vigore, imminente, della conciliazione obbligatoria per le cause di minor valore, il vasto sottobosco dell’arbitrato privato riceverà nuova linfa e nuovo impulso.

Il 20 marzo, quando scatterà la conciliazione obbligatoria, scenderanno in campo almeno 8mila nuovi mediatori. Sono i professionisti iscritti agli albi che hanno già completato la formazione e sono pronti a fare da paciere. Il tutto sempreché non arrivi uno stop dell’ultimo minuto: mercoledì il Tar Lazio dovrà infatti decidere sul ricorso contro il regolamento attuativo della conciliazione presentato dagli avvocati dell’Oua. Per il momento, però, macchina avanti. Ottomila conciliatori sono pronti a contendere il terreno proprio agli avvocati, da sempre contrari alla riforma, e principali ispiratori della proroga di un anno relativa alle materie di condominio e incidenti stradali. E se per i legali – data la situazione – è difficile stimare quanti saranno coloro che dal 20 marzo (anzi per l’esattezza da lunedì 21) indosseranno la “giacca” del mediatore, per molte altre professioni interessate i numeri sono piuttosto chiari.
Non che la conciliazione privata sia di per se un problema. Anzi, può essere un metodo rapido e veloce di sottrarre ai tribunali l’aggravio che li opprime – come ci raccontano i praticanti legali in un articolo che pubblichiamo oggi.

UNA CATTIVA RIFORMA – Ma il problema è che queste riforme si fanno invece di mettere mano al sistema della giustizia. Invece di riordinare l’ordinamento dei tribunali, invece di finanziare il sistema ed assumere il personale necessario. Il problema è tutto qui.

In gergo si chiama media-conciliazione, ed entrerà in vigore obbligatoriamente (questo è importante) già dal prossimo 21 marzo, se il Tar non decreterà diversamente mercoledì prossimo. Nella realtà è l’ennesimo blitz del Milleproroghe, e l’ ennesimo schiaffo ai cittadini, al Parlamento e alla giustizia. Una sberla iniqua e costosa. Nel testo infatti, è stato inserito dal governo un emendamento che rende obbligatioria la mediazione (a pagamento) se si vuole intentare una causa civile su alcune materie. Detta così sembra una procedura a vantaggio dei cittadini, per evitare le lungaggini dei processi. Mal’ apparenza nasconde l’esatto contrario, con costi più pesanti per i cittadini (si può arrivare a 9.200 euro per ciascuna parte in causa, mentre oggi il contributo unificato ha untetto massimo di 1.221 euro più un bollo da 8 euro) e un business milionario per tutti quegli organismi che hanno già organizzato i corsi per i mediatori.

Insomma: una riforma che consentirà la creazione di un sottobosco della giustizia privata, farà affluire un flusso di denaro inimmaginabile ai corsi privati di formazione per conciliatori. Tutto invece di mettere mano all’ordinamento del processo civile. Chiunque potrà reinventarsi conciliatore inventandosi una professione da zero.

CHIUNQUE PUO’ FARLO – Niente di male. Solo che sono altre le riforme che servirebbero.

Praticamente tutti: geometri, commercialisti, architetti. Tutti gli ordini si sono buttati a pesce: basta essere iscritti a un albo professionale o avereuna laurea triennale per diventarlo. Con appena 50 ore di corso si potrà decidere in materia di diritti reali, divisioni, successione ereditaria, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento da responsabilità medica, contratti assicurativi, bancari e finanziari.

Cose che dovrebbero fare i giudici, ben equipaggiati e ben finanziati. Inseriti in un sistema che funziona. Questa riforma ci sarà presto presentata come assolutamente taumaturgica dei problemi della giustizia italiana, che invece peggiorerà, offrendo al cittadino due vie alternative per la soluzione dei propri problemi di giustizia: gli inefficienti tribunali del paese, o il mercato della conciliazione. Un apparato ben funzionante e vicino alle necessità di tutti, no, grazie.

PERICOLI PER IL CITTADINO – Sono gli stessi avvocati, probabilmente anche per portare acqua al loro mulino – si tratta infatti di una riforma che gli toglierebbe parecchio lavoro – ad informarci dei rischi della norma che diventerà operativa prima della fine del mese. ”
Sa qual è l’unico Paese dove vige la conciliazione obbligatoria? L’Argentina. In Europa non esiste: ci sarà un motivo».

L’avvocato Mauro Vaglio, presidente dell’associazione forense «Agire e Informare» è un fiume in piena: quella norma è un attacco alla Costituzione, un danno per i cittadini, una vergogna per la cultura giuridica del paese.

Avvocato,eppurela conciliazione esiste in altri ordinamenti.
«Certo, ma non è obbligatoria, non è a quei prezzi, e prevede requisiti più stringenti per i mediatori».

Chi sta organizzando i corsi oggi?
«Praticamente tutti: ordini di tutte le professioni, altre istituzioni, società. Ma se un geometra o un commercialista pensa di poter dirimere una causa civile, allora io come avvocato alzo le mani. Facciamo che ognuno può fare quello che gli pare? Facciamo che io posso firmare un progetto di ingegneria o un bilancio? Ma che Paese è questo? La verità è che quei corsi sono un grande affare:basta controllare su internet: si va dai 500 euro in su. C’è anche chi chiede 1.500 euro».

In effetti, per diventare avvocato ci vuole una laurea e l’esame di Stato; per diventare conciliatore, che finisce per gestire le stesse incombenze del giudice, basta un corso di formazione privato. Qualcuno potrebbe davvero pensare che una legge del genere peggiora il sistema della giustizia e garantisce di meno il cittadino.

Tommaso Caldarelli

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