Se Saverio Romano diventa ministro, il governo cade. Ecco perchè…

Berlusconi ha bisogno di distribuire poltrone, la Lega si oppone: il divieto di occupare il posto di Galan riflette le spaccature interne alla galassia del Carroccio.

No, Francesco Saverio Romano, non sarai ministro. O non subito, almeno. Non siamo noi ad assicurartelo, il fatto è che non ci vuole una scienza. Basta farsi due calcoli e capire l’aria che tira. Vedi, il punto è che quando sei uscito dalle opposizioni per fare il gioco del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ti è stato promesso un po’ di tutto. Tipo un ministero. Ma come sempre capita in queste occasioni, in molti hanno fatto i conti senza l’oste. Compreso te.

“VOGLIO UN MINISTERO!” – Già, il punto è che sei uno fra i tanti. E’ vero, grazie a te la maggioranza che sostiene il governo in Parlamento è più forte. Cioè, almeno in teoria – in pratica è tutto da vedere, e si vedrà. Ma diamolo per buono. In ogni caso la lotta è appena iniziata, per te. Vuoi il ministero dell’Agricoltura? Quello occupato dall’ex-governatore veneto Giancarlo Galan? Ci sono una serie di passaggi da percorrere per farti raggiungere l’obiettivo. Innanzitutto bisogna schiodare Sandro Bondi dal ministero dei Beni Culturali, e piu o meno ci siamo; bisogna trasferire lì Paolo Bonaiuti. E poi, iniziare una guerra senza quartiere.

“Saverio, tu sei ministro dell’Agricoltura. Sereno. Con Umberto ci parlo io, devi solo pazientare” sussurra in serata il premier Berlusconi a Montecitorio all’orecchio del fedele Romano. In quell’esatto momento, il co-fondatore (con Moffa) dei Responsabili, artefice dello strappo dei cinque ex Udc, ha capito che l’agognato riconoscimento per ora si allontana. Per lui come per gli altri pezzi acquisiti di maggioranza, pronti a passare all’incasso. Pesa il veto di Bossi sul dicastero più pesante tra quelli in ballo. Il Senatur al premier suggerisce di “prendere tempo”, quando si chiude con Calderoli, Cota e Bricolo nella saletta del governo adiacente all’aula per festeggiare l’approvazione del federalismo municipale. Il Carroccio non molla la presa sull’Agricoltura, poltrona finora occupata da Galan e dalla quale pendono le sorti delle quote latte. Ma se l’operazione rimpasto data per imminente addirittura per il consiglio dei ministri di oggi, è poi slittata a martedì se non oltre, è perché in 48 ore sulle seggiole in gioco si è scatenata la guerriglia. C’è mezzo gruppo dei Responsabili, da Moffa alla Polidori fino a Pionati pronti ad alzare barricate sull’ascesa al collega siciliano. E così, prigioniero della “tribù degli Scilipoti” – come in Transatlantico bollano la terza gamba della maggioranza – il presidente del Consiglio è costretto a soprassedere per ora
La credevi fatta, come cosa, eh?

LE QUOTE LATTE – Repubblica ci spiega perchè non è così. Per garantire a Berlusconi il sostegno che gli serve, ovvero blindare il vasto mondo dei responsabili – “la tribù di Scilipoti”, che brutta fine abbiamo fatto – Silvio deve piazzare gli uomini giusti nelle poltrone libere. Il problema è che la poltrona di Romano è reclamata da quelli del suo gruppo, i responsabili, appunto (ma fino a qui, qualcosa si potrà pure fare); il vero scoglio si chiama Lega. E per più di un motivo. “Mai il ministero dell’Agricoltura ad un meridionale”, si sente dire. E questa frase ha più significati su più livelli. Certamente, qualcosa di antico: i terroni, eccetera, un vizio mai morto che ogni tanto risalta fuori. Ma questa è solo superficie. C’è qualcosa di più, di più profondo: e, ovviamente, son sempre questioni di soldi; Repubblica lo accenna. Alla Lega serve il controllo assolutamente monopolistico degli stanziamenti per le quote latte. La Lega deve tenere a bada gli allevatori del Veneto a cui ha fatto ben più di una promessa, e guarda con terrore l’ipotesi che una tale capacità di elargizione venga riservata a chi non è della propria squadra: un meridionale, democristiano perdipiù. Succederebbe un pandemonio che la Lega difficilmente riuscirebbe ad arginare.

SILVIO IN DIFFICOLTA’ – Nell’ultima puntata di Ballarò i giornalisti di Giovanni Floris hanno realizzato un reportage che dimostra come in altre regioni d’Italia gli allevatori ce l’abbiano a morte con i loro colleghi veneti, che appunto beneficiano delle prebende dispensate dai leghisti di governo a Roma, mentre i costi delle sanzioni di Bruxelles cadono sulla comunità. Se il controllo di questa situazione sfuggisse di mano al Carroccio, di colpo la Lega perderebbe praticamente metà dei suoi voti in Veneto. Un’ipotesi che davvero non è ipotizzabile, e che val bene la sopravvivenza di qualsiasi governo: probabile che se Silvio insistesse su Romano all’agricoltura, le offerte della sinistra a Bossi – che ieri, fra l’altro, come al solito non ha escluso – inizierebbero ad essere meglio considerate. E così, Silvio è bloccato in mezzo fra l’alleato verde e quello di sostegno, non sapendo come muoversi: non si può spalare l’acqua con un forcone, entra uno ed esce l’altro.

QUESTIONE DI CASELLE
– Ma c’è ben di più, in questa partita. Ed il secondo round si gioca all’interno della Lega.
Eppure, in giornata Berlusconi aveva provato a mettere a posto i tasselli. Incontrando il ministro (uscente) all’Agricoltura Giancarlo Galan a Palazzo Grazioli e provando a convincerlo ad accettare le Politiche comunitarie. Sandro Bondi lo considera già dimissionario e Paolo Bonaiuti è stato allertato. A Bossi e Calderoli che hanno continuato a sponsorizzare Bricolo per l’Agricoltura (“Ha pure la faccia da contadino” hanno ironizzato col Cavaliere) il premier ha assicurato che tre sottosegretari saranno loro, compreso uno “di sentinella” all’Agricoltura, il piemontese Fogliato, qualora il ministero più delicato dovesse andare davvero al “siciliano”.

Eh, ma non sarebbe mica la stessa cosa, caro Berlusconi, avere un piemontese “di guardia” all’agricoltura. Perchè non si tratta soltanto di quote latte, ma di mantenimento del potere da parte della corrente dominante della Liga Veneta. La Lega ha bisogno esattamente di un certo uomo in quel posto, un uomo che possa mettere a tacere il vento che da Verona rischia di conquistare dall’interno il Carroccio nelle Venezie e cambiarne il Dna.

LA PARTITA E’ IN VENETO – Federico Bricolo è parte integrante del correntone Zaian-Trevigiano sebbene sia nato a Sommacampagna. E’ un uomo della maggioranza interna, che ha bisogno di qualcosa da presentare agli avversari nel seno del partito: comandiamo noi, siamo ancora più forti noi. Il problema è che la Lega, a Marzo, va a Congresso. E la cordata Tosi, quella dell’amicizia con Napolitano, dell’Unità d’Italia, dei “leghisti-sui-generis” come dicono a Verona, è già in armi per conquistare il partito.

Sull’agenda di Flavio Tosi, sindaco di Verona per la Lega Nord, c’è una data evidenziata in rosso. E’ quella del 23 marzo, quando la carovana leghista si sposterà nel capoluogo scaligero, per un congresso dove si dovranno misurare i rapporti di forza all’interno della Liga Veneta. Proprio quel giorno, suggeriscono gli addetti ai lavori, Tosi dovrebbe ritrovare quello spirito battagliero attenuato nelle ultime settimane da Gianpaolo Gobbo, attuale segretario regionale del partito di Umberto Bossi, pronto a non mollare il suo ruolo nel partito.

E’ una partita complessa, quella in cui si è infilato Saverio Romano. Probabilmente più grande di lui. La Lega di Varese ha bisogno di conservare la segreteria regionale veneta, e per farlo ha bisogno di tranquillità sul fronte agricolo. Saverio Romano non può garantirla.

Tommaso Caldarelli

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