Parliamoci chiaro. Futuro e Libertà per l’Italia è stata un’operazione con una sua onestà.
L’idea di creare in questo paese una destra normale, ed europea, è anche pregevole. Italo Bocchino è un buon animale da televisione: buca lo schermo, come si dice. E sfruttando fino all’ultimo la sua posizione di apostata, non si fa problemi a sparare a zero sui berlusconidi di passaggio. Ieri, a Ballarò, Fabrizio Cicchitto era in seria difficoltà.
Ma Gianfranco Fini, a capo di tutto questo, rischia grosso. Aver messo il partito in mano ai Bocchino e ai Granata è una scelta rischiosa: compatterà i ranghi e darà una sua ortodossia ideologica al movimento. Ma il rischio è di far fuggire dalla causa i membri ancora incerti del passo fatto nell’abbandonare una sicura maggioranza, quella di Silvio Berlusconi. Ma in fondo, perchè fare politica seriamente, si potrebbero chiedere, quando ci sono pacchi di poltrone a disposizione distribuite da un uomo politicamente disperato e pronto a distribuire prebende come se piovesse?
Se ne esce solo in un modo: mettendo in piedi un vero partito. E per farlo serve un leader. E se si pensa che Bocchino possa servire alla bisogna, si può provare. Ma serve anche Fini. Che non può continuare a fare il grande saggio dallo scranno di Montecitorio. Intendiamoci, non che a noi interessi particolarmente: lo si prenda come un consiglio. Se a Fini va sul serio di combinare qualcosa, è ora che si sporchi le mani un po’ di più. Che metta in campo la sua biventennale esperienza di quadro politico in un’organizzazione di partito. Una destra non berlusconiana al paese serve: se la crea Italo Bocchino, la gente scappa urlando – ci dispiace, ma è un dato di fatto. Se la crea Gianfranco Fini, magari è più giusto per tutti.
Tommaso Caldarelli
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