Mentre perdono il gruppo al Senato, i finiani devono fare i conti anche con il progressivo impoverimento dei loro movimenti su internet
In principio era internet. In principio era la pubblicazione in rete della fondazione Fare futuro. Fu provocazione intellettuale e punzecchiatura quotidiana della maggioranza di governo lenta e impacciata dalle bardature neo keynesiane, dal leghismo di ritorno, dalle ombre di machismo. Poi venne Libertiamo, solida zattera dei liberal-liberisti col coltello tra i denti, sempre pronti a polemizzare ed incalzare sulle libertà civili ed economiche. Ma sempre internet era. Ed era il tempo dei pionieri: sembrano passati lustri ma sono trascorsi solo 2 anni.
UN MOVIMENTO? – Di partito non si parlava, al massimo movimento, si diceva. Per innovare e stimolare, si diceva. Il nuovo, i giovani, la meritocrazia, la libertà, si diceva. Soldi pochi, idee tante, sezioni niente. Poi arrivò Generazione Italia e l’idea già più strutturata di un partito leggero, leggerissimo che, dalla rete, giungesse alla società civile e viceversa. E funzionò, pure. Fare futuro, Libertiamo e Generazione Italia, un po’ moschettieri e un po’ cavalieri dell’Apocalisse, imperversano per mesi sulla rete annichilendo e surclassando per qualità e quantità tutti i siti politici italiani di destra e di sinistra. Non che i siti dei partiti italiani siano mai stati un granché, ma comunque si è trattato di un crescendo rossiniano sino al picco del videomessaggio del presidente Fini di fine settembre che risulta, quel giorno, su Youtube, tra i 10 video più visti al mondo, inclusi calcio e musica. Sino a quel punto, nonostante le grandi difficoltà, nel mondo dell’equitazione si sarebbe detto:”Percorso netto!”. E Fini sembrava Obama, un Obama Repubblicano e poco abbronzato, of course. Il passaggio dal virtuale al reale ha segnato un rapido declino.
VARIA UMANITA’ – Dai byte alla penombra dei corridoi il Partito del Presidente si popola dei personaggi più vari. Impossibile privarsi dell’apporto dell’attore di fama mondiale, indimenticato protagonista di Cannibal Holocaust. Essenziale conservare il consiglio del mai abbastanza rimpianto ex Presidente della Provincia di Roma. Prezioso e, letteralmente, impagabile il guru della comunicazione, sondaggista-tuttofare, attualmente a processo a Milano per il fallimento HDC e naturalmente, con buona pace dell’On. Granata, presunto innocente. E via dicendo sino all’ottimo capogruppo al Senato. “Chi era costui?” avrebbe fatto dire a Don Abbondio uno che ha seduto sugli stessi scranni con ben altri meriti, il padre della patria Senator Alessandro Manzoni. Dopo le beghe di queste ore, in molti avrebbero preferito continuare a non saperlo. Oggi i sondaggi sono avari e invece abbondano le dichiarazioni di malpancisti e cerchiobottisti. Fumose espressioni di quelli che, insomma, internet zero anziché due punto zero. Ma la Rete il giudizio l’aveva già dato da settimane.
SCOMPARSE FINIANE – Il festoso e variegato popolo di internet di questa estate si era squagliato da tempo, come testimoniano i dati di Alexa.com, l’indicatore di traffico web indipendente fornito gratuitamente da Google e Amazon. Così Fare futuro (FFwebMagazine), che solo ad ottobre era nei primi 30000 siti al mondo, precipita oltre la posizione 170000. Generazioneitalia (Generazioneitalia.it ) passa dal picco della posizione 13000 all’attuale 138000. Tiene, per così dire, Libertiamo (Libertiamo.it) che scende dalla posizione 50000 alla 121000. Il nuovo sito di Futuro e libertà (Futuroeliberta.com), su cui molto si è investito, si ferma oltre la posizione 139000 e raramente si presenta tra i primi 100000 siti al mondo: segno evidente, si direbbe in economia, che il cavallo non beve. Le cose non vanno meglio su Youtube dove l’intervento di Gianfranco Fini a Milano totalizza poche migliaia di visualizzazioni a fronte del mezzo milione di contatti di settembre o le decine di migliaia del precedente intervento di Bastia Umbra.
LA STORIA NON INSEGNA – Alla fine degli anni ’90, in una celebre ed indimenticata Direzione di partito, Fini, ai colonnelli che storcevano il naso sulle sue scelte, disse chiaro e tondo che, se non fossero stati d’accordo, lui avrebbe fatto il suo partito lasciando a loro l’onere di trovarsi un lavoro serio. Allora furono finti sorrisi e pacche sulle spalle, tanto da far rientrare la minaccia del leader. Non darle seguito fu un errore che pagò caro lui per primo e con lui tutti coloro che aspirano ancora oggi ad una destra di stampo europeo e non si rassegnano a morire berlusconiani. Errore che, evidentemente, poco o nulla ha insegnato all’uomo e al politico.
Alessandro Caforio
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