Prime rivolte a Benghasi. L’onda di libertà nei paesi del Maghreb non si ferma.
Tunisi è caduta; il Cairo è caduta. Nello Yemen la capitale San’a è da settimane animata da manifestazioni; in Giordania ed in Siria si segnalano focolai di protesta; in Iran l’onda verde dei giovani di Teheran ha ripreso le strade, con il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ad incoraggiare la rivolta. E, dicono le fonti internazionali che riescono a superare la cortina di ferro del regime di Muhammar Gheddafi, anche in Libia qualcosa accade.
LIBIA IN PIAZZA – E’ la BBC a poterne scrivere, sebbene ostentando prudenza: la città marittima di Bengasi è già in piazza.
Ci sono notizie di una protesta nella città libica di Bengasi. Testimoni oculari assicurano alla BBC che la rivolta è stata causata dall’arresto di un avvocato notoriamente critico del governo. L’avvocato è stato poi rilasciato, ma le manifestazioni sarebbero continuate. (…) Non vi sono conferme indipendenti delle proteste a Bengasi, ma testimoni oculari assicurano che in certi momenti anche 2000 persone siano state coinvolte. Pietre sono state tirate alla polizia che avrebbe risposto con cannoni ad acqua, lacrimogeni e proiettili di gomma. Più tardi, la televisione di Stato ha mostrato diverse centinaia di persone che scandivano il loro supporto al governo. Il governo non ha ancora commentato gli eventi nella città.
Poche e frammentarie dunque le notizie dal paese del Mediterraneo: finora. Perchè altre fonti, sebbene non abbiano la cronaca dal campo della BBC, sono pronte a giurare che qualcosa stia per avvenire.
IL GIORNO DELLA RABBIA – Una grande manifestazione è in programma per le strade delle città della Libia. E’ il “giorno della Rabbia” contro il colonnello Gheddafi, che quest’anno, scrive il New York Post, e differentemente da analoghi episodi precedenti, sarà organizzato da una coalizione compatta di opposizioni libiche.
Il test arriverà domani quando una coalizione di partiti di opposizione e nomi noti spera di organizzare il “Giorno della Rabbia” contro il regime corrotto e repressivo del colonnello. (…) Nel 2006 tale evento venne organizzato da capi tribali, intellettuali e studenti religiosi da Bengasi, la seconda città più popolosa della Libia, che non ha mai accettato il governo di Gheddafi. Questa volta, l’invito arriva dalla Conferenza Nazionale dell’Opposizione libica, un gruppo di sei partiti banditi dal regime. La ben nota Legge n.71 stabilisce che l’appartenenza ad un partito politico è “alto tradimento”, punibile con la morte. Ci sono segni che mostrano il Colonnello molto nervoso. I media di Stato hanno iniziato una campagna contro le “cospirazioni imperialiste e sioniste” che avrebbero portato al regime change in Tunisia ed Egitto.
Gheddafi è nervoso. Sente il fiato sul collo. Ma non può permettersi ancora di prendere misure di emergenza.
INTERNET – Così, invece di bloccare la Rete ed i social network, inizia “sconsigliandone” l’utilizzo a tutti.
Nei giorni scorsi l’ANRHI (African Network for Human Rights Informations, ndt) ha criticato l’ultima mossa del dittatore libico Muhammar Gheddafi che ha scoraggiato l’utilizzo di Facebook.Molti attivisti Internet in Libia hanno dichiarato il loro supporto per il movimento democratico e di cambiamento in Egitto, che è sfociato in una rivolta, e hanno creato gruppi su Facebook per invocare riforme politiche ed economiche in Libia. Le forze di sicurezza del dittatore Libico hanno arrestato vari di questi attivisti su Internet. ANHRI è riuscita a determinare l’identità di uno di essi, Jamal elKowafi, 20 anni, che lavora all’Università di Garyounis. In aggiunta, Gheddafi ha reclutato agenti per attaccare gli attivisti che invocano riforme politiche e la fine della corruzione in Libia. Inoltre ha stigmatizzato l’uso di Facebook, richiamando le opinioni del già dittatore iracheno Saddam Hussein su Internet, che la descriveva come un complotto imperialista.
Tommaso Caldarelli
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