Effetto domino: Ben Ali è caduto, e ieri anche Mubarak. E le rivolte represse finora nel paese di Algeri sono pronte a detonare.
Algeri è in fiamme da questa mattina. Il popolo è in piazza per la manifestazione che era stata programmata da giorni, ma che ha visto ingrossare i suoi ranghi in maniera non prevista dagli organizzatori. Naturale: dopo le dimissioni di Hosni Mubarak, raìs egiziano, arrivate solo ieri, c’era da aspettarsi che tutti gli altri focolai di tensione nel mondo arabo del vicino oriente venissero velocemente rimpolpati.
ALGERI E’ PRONTA – Le agenzie in Italia rilanciano le notizie internazionali che si rincorrono.
Soffia il vento del cambiamento nel mondo islamico. Sulla scia delle sollevazioni popolari che hanno portato alle dimissioni dell’ex rais Hosni Mubarak, per 30 anni al potere in Egitto, e del presidente tunisino, Zine el-Abidine Ben Ali, in molti paesi, dall’Algeria all’Iran, dallo Yemen alla Giordania, le opposizioni lanciano appelli a scendere in piazza per rovesciare i governi al potere. Disoccupazione, rincaro dei prezzi, ma anche rivendicazioni politiche e aspirazioni democratiche hanno innescato la rivolta e infiammato la regione, al punto che, dopo Egitto e Tunisia, sempre piu’ analisti sono pronti a scommettere su un inarrestabile effetto domino. E se tutto e’ iniziato nel cuore del Nord Africa, con il gesto di disperazione di un giovane ambulante tunisino di Sidi Bouzid che si e’ dato fuoco, dando il via alla protesta che ha portato alla caduta del regime di Ben Ali, oggi sommosse a catena scuotono l’intera regione, da ovest a est.
Il fuoco che a Sidi Bouzid ha bruciato Mohamed Bouazizi, martire dell’Islam per i giovani tunisini, si sta allargando. Alla vicina Algeria, per esempio, dicevamo.
MANIFESTAZIONI – Nella capitale, Algeri, la tensione è già alta.
Migliaia di agenti in tenuta anti-sommossa sono stati dispiegati nelle strade di Algeri in vista della manifestazione dell’opposizione prevista per oggi nella capitale. Lo riferisce l’emittente Al-Arabiya, ricordando che giovedi’ scorso il quotidiano locale ‘Echorouk’ aveva parlato di 25 mila uomini delle forze dell’ordine impiegati.
All’inizio della manifestazione, i primi arresti.
Scontri tra manifestanti e forze di sicurezza ad Algeri dove e’ in corso la protesta per chiedere le dimissioni del presidente Abdelaziz Bouteflika. Secondo quanto riferito da testimoni e giornalisti, ci sarebbero gia’ stati alcuni arresti. L’opposizione e alcuni sindacati e gruppi della societa’ civile hanno organizzato la protesta sfidando il divieto di manifestare nella capitale algerina in vigore dal 2001.
Le scarne notizie delle agenzie italiane – che parlano anche di una contromanifestazione da parte dei sostenitori del presidente Bouteflika, esattamente come nei primi momenti della rivolta di piazza Tahrir in Egitto – hanno bisogno di conforto e completamento da alcune fonti internazionali.
CITTA’ MILITARIZZATA – Bisogna rivolgersi ai giornali francesi per le notizie più complete in Europa sul fronte algerino. D’altronde, la Francia è stata potenza coloniale dominante in Maghreb per lunghissimo tempo, e sono stati proprio Liberation e Le Monde i primi media europei ad affrontare le rivolte in Tunisia.
Intorno ai 2000 manifestanti bloccati da un importante dispositivo di forze dell’ordine a piazza della Concordia (più conosciuta con il suo antico nome di piazza del Primo Maggio) hanno forzato il cordone di sicurezza, sabato 12 febbraio verso le 11, e hanno cominciato a marciare in direzione del loro punto di arrivo, la piazza dei Martiri. Migliaia di poliziotti in tenuta antisommossa distaccati nel centro di Algeri per bloccare la manifestazione dell’opposizione interdetta dalle autorità. All’indomani delle dimissioni del presidente Egiziano Hosni Mubarak ed un mese dopo quelle del governatore tunisino Ben Ali, Abdelaziz Bouteflika ha in effetti rinforzato le misure di sicurezza nella capitale. Mezz’ora prima, scontri erano stati segnalati ai bordi della piazza. Alcune centinaia di manifestanti che scandivano “Abbasso Bouteflika” sono stati fermati mentre tentavano di raggiungere la piazza.
L’opposizione algerina, al contrario di quella egiziana, si è già coordinata in un fronte unico.
DIFFERENZE IMPORTANTI – Anche se non è detto che si riesca a raggiungere una vera unità politica.
Creato il 21 gennaio nel fragore dei conflitti di inizio anno contro il carovita, il Coordinamento per il cambiamento e la democrazia, formazione dei partiti di opposizione, della società civile e dei sindacati autonomi, è all’origine dell’appello a manifestare. “Siamo pronti per la manifestazione”, ha dichiarato Mohcine Belabbas, segretario nazionale dell’RCD. “Questo sarà un grande giorno per la democrazia in Algeria”. Molte città in algeria, ma anche gli algerini in Francia, in Canada e altrove in Occidente, hanno annunciato manifestazioni parallele.
Ma fra i ragazzi d’Algeria l’analisi è tutt’altro che superficiale. La situazione fra il loro paese e gli altri che si sono già ribellati al tiranno è davvero diversa. Il presidente, Bouteflika, se non è più amato dei suoi omologhi tunisini ed egiziani, è stato davvero in grado di essere più furbo. “Quel che ci serve è qualcosa di diverso da tutto quello che si è già visto negli ultimi giorni”, ripete un ragazzo intervistato dai corrispondenti di Le Monde.
“Sarebbe assurdo comparare gli avvenimenti di Tunisia e di Egitto all’Algeria. Noi abbiamo già pagato cari quei movimenti di rivolta e non penso che il paese sia pronto a tornare vent’anni indietro. Il problema dell’Algeria è quello di un sistema che non risponde alle aspirazioni di un popolo malgrado i miliardi di dollari che girano nelle casse. Non siamo abbastanza forti per chiedere le dimissioni di Bouteflika perchè nessuno lo potrebbe rimpiazzare al momento. L’opposizione non esiste. Penso che il presidente sia stato davvero intelligente ad annunciare che avrebbe guidato una vera transizione pacifica. I più recenti provvedimenti, come l’abolizione dello stato d’urgenza, vanno in questo senso.
Bouteflika è stato “abile ad interpretare gli avvenimenti del nostro tempo”, dicono i blogger algerini. La libertà dell’Algeria potrebbe dunque incontrare persino più ostacoli rispetto alle lotte egiziane e tunisine.
Tommaso Caldarelli
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